recensioni dischi
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I WEAR* EXPERIMENT  "Jupiterz"
   (2019 )

Musica raffinata, voce impeccabile, elettronica usata ad arte. Un album pulito... troppo pulito per i miei gusti. Il gruppo estone potrebbe essere qualsiasi altro prodotto artistico, magari uscito da X-Factor. L'inglese è preciso, senza lasciare un tocco esotico che potrebbe rendere le canzoni più autentiche. I quasi accennati ritornelli facili sono già stati sentiti e risentiti. Non è affatto male questo lavoro: ma se cercate originalità, gli I Wear* Experiment non fanno proprio al caso vostro. Tanto vale ascoltare Goldfrapp, Lamb, Dasaev e compagnia. Un gran peccato perchè, proveniendo aldifuori dei soliti Paesi predominanti, anche musicalmente, avrebbero potuto osare di più, amalgamandosi e non omogeneizzandosi. I testi sfiorano la banalità di chi non è madrelingua e non ha una preparazione linguistica alle spalle. Dopo il primo brano, mi aspettavo una scossa di vitalità baltica e, invece, lo metterò tra i tanti dischi fatti così bene da non farmi venire molta voglia di riascoltarli ancora. Nella descrizione che accompagna l'album, questi artisti estoni sottolineano di avere voluto comporre qualcosa di solare, ma gli è uscito molto scuro (o dark?). A prescindere dall'oscurità o dall'essere dark, credo si siano persi nella traduzione. Queste canzoni non vi faranno ridere di sicuro, ma sono ben lontane da un'atmosfera scura e/o intimistica. Se fossero miei studenti, chiuderei dicendogli: “non siete stupidi, ma non vi applicate”. Passano l’anno per incoraggiamento, grazie all'ultima traccia (''Discoveries'') che risolleva il tutto. (Matteo Preabianca)