recensioni dischi
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HEIDRA  "The blackening tide"
   (2018 )

Il nuovo lavoro dei danesi Heidra, “The Blackening Tide”, è un concept album dove lo storytelling plasma fortemente la forma canzone. Il power metal mescolato ad accenti black, e la voce che anche in growl mantiene la tensione narrativa e teatrale come nel cantato pulito (ad esempio in “Lady of shade”), sono elementi costanti e che motivano gli arrangiamenti, che alternano puro sound di chitarra ed assoli, a parti orchestrali. Come nel terzo capitolo dell’album, “Rain of embers”, dove l’introduzione per piano e strings fa da preludio a un cantato in direzione quasi da musical. Il racconto, che assume un aspetto violentissimo in “A crown of five fingers”, si sorregge su un 6/8 folkeggiante. Cori epici nella titletrack rendono la dimensione drammatica avvertita fin dalla prima esaltante traccia, “Dawn”. “Corrupted shades” inizia con chitarra classica ed archi. La distorsione inizia a graffiare, e l’inciso strumentale viene suonato all’unisono da chitarra e pianoforte. Gradevole la presenza del corno francese nell’arrangiamento, che aggiunge epicità a ciò che già epico è. Uno stacco per cascate di arpeggi di pianoforte collega la musica all’immaginario romantico teutonico, tant’è che anche la copertina ricorda lontanamente il Wanderer auf dem Nebelmeer. Ancora afflato folk nel brano di chiusura “Hell’s depths”, che mantiene un cantato melodico. Cadiamo nelle profondità dell’inferno, mentre questa musica apre una voragine sotto di noi. Per gli amanti instancabili del power e del senso di avventura avvincente, riversato in musica. (Gilberto Ongaro)