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STONA  "Storia di un equilibrista"
   (2018 )

E’ pieno di quotidianità e di musica leggera ben suonata, fra ritmi latini e parole d’autore leggere, il nuovo lavoro di Massimo Stona, “Storia di un equilibrista” uscito per la Volume! Records. Spicca il nome di Guido Guglielminetti (e il suo tocco) alla produzione. Il cantautore si muove in un territorio accogliente, simpatico e sobrio, vicino a Daniele Silvestri e a Samuele Bersani (che sembra citare inserendo “qualche coccodrillo”). Il titolo del disco descrive bene l’umore generale riportato, mai festaiolo ma mai malinconico, sempre lì, nel mezzo, a riportare la vita così com’è, cercando una poetica dell’equilibrio, della normalità. La titletrack infatti esprime il benessere dato da quest’atteggiamento: “Il respiro che trattengo che mi fa sentir leggero, così tanto che non penso più di essere un peso”. Quest’autocontrollo, questa calma apparente è pericolosa come quella dell’equilibrista sul filo, ma “il rischio è il mio mestiere, ed io sono un mestierante”. Dal filo teso per aria entriamo nella finestra della camera, col secondo brano “Nell’armadio”, dal quale escono i coccodrilli anticipati poco fa. Sul ritmo latino con pianoforte à la Cammariere, si paragona una storia d’amore agli abiti: “Siamo abbinati come una giacca col suo pantalone, come una camicia con il bottone, come quel maglione che mi hai preso con i saldi, vedi, sei tu che mi riscaldi”. “Streaming” ribatte il concetto della calma: “Non voglio perdere il controllo, è tutto quello che mi resta”. La parola “Adesso” viene ripetuta ossessivamente nel coro, ma la non-reazione di Stona è la sua risposta anticonformista: “Non sarò un prodotto del mio ambiente, voglio solo rimanere a galla in questo niente”. “In ansia sui quaranta” sono parole di “Belladonna”, dove fanno capolino i pensieri del cantautore sulla propria generazione, che tutti pretendono super preparata. E lui canta: “Riesco forse appena a farmi il nodo alla cravatta”. L’arrangiamento con archi pizzicati è particolarmente giocoso, e rende quella leggerezza nella resa verso la donna, di cui l’uomo ha imprescindibilmente bisogno per badare a sé stesso. Ma come da contraltare, Massimo poi duetta con Chiara Ragnini ne “L’agio del naufragio”, brano su come affrontare da adulti la deriva di una relazione, in maniera coraggiosa, facendosi forza insieme, restando vicini. “Voglio naufragare, sai com'è non so nuotare, e poi sinceramente non ho voglia di remare (…) e non erano previste fughe su scialuppe (…) ma non lasciamo tracce su questa nave da crociera, il personale guarda, ha certe facce…”. Un tocco di synth pop nel brano più spiritoso dei dieci dell’Lp: “Troppo pigro”. “Per quanto mi riguarda qui dal letto al divano c'è già abbastanza strada”. Stona così descrive il vizio della pigrizia, l’assenza di voglia di spolverare, “tantomeno aiutare a piegare le lenzuola, non intendo fare nulla, questo è il mio programma”. Un altro episodio simpatico compare in “Gamberi”, dove si ripensa agli errori fatti e al desiderio di “camminare all’indietro, come gamberi a ritroso (…) se tornassi indietro saprei cosa fare, mi comprerei una casa al mare e non l'enciclopedia universale”. Un testo ispirato, quello di “Mannequin”, che dà voce al manichino di un negozio che inizia ad osservare i clienti umani. E assume un tono acido e misantropo. “Voglio essere cattivo, tu Abele io Caino, voglio vivere per me, non sono solo un manichino (…) e posso starmene da solo o farti anche compagnia, regalarti questa mia appiccicosa plastica allegria (…) qui tutti poeti e colti, ma viviamo come scarti, sai danziamo come topi fra ingranaggi di orologi”. Una chitarra acustica calda ci imbarca nel sottomarino del pezzo “Sonar”, dove il capitano sembra non ricordare più neppure cosa stesse cercando: “Lo sforzo più intenso quaggiù è non essere dimenticato”. In chiusura il disco riscalda il cuore con “Santa pazienza”, dove protagonisti sono pianoforte e viole, e una resistenza all’amarezza, appunto la pazienza: “Chiedo clemenza (…) per aver perduto infine anche l’innocenza (…) ho ancora bisogno di un po' di magia prima che il sogno scivoli via”. Non ci sono tipiche morali da cantautore, solo una ricerca appassionata nello scrivere belle canzoni, senza troppe pretese, ma anche senza calcoli di convenienza. (Gilberto Ongaro)