MALDESTRO "Mia madre odia tutti gli uomini"
(2018 )
Terzo album di inediti in studio, “Mia madre odia tutti gli uomini” di Maldestro, uscito per Arealive e distribuito da Warner Music, racconta un pezzo di vita del cantautore napoletano. Che si mette a nudo in queste dieci canzoni, dove si alternano stili diversi, sempre firmati dalla voce rauca e sofferta di Antonio. L’Lp comincia con un pezzo rock, “Il seme di Adamo”, dove un riff distorto accompagna le parole che sono come una presentazione di quel che sarà: “Ma guarda un po’ che dolore mi tocca cantare, ma qualcuno, qualcuno lo deve pur fare”. “Sono all’uscita di scena di un attore che mente”. Il brano successivo, “Spine”, ci trasporta in sonorità tipiche del sud Italia, nelle sue narrazioni più grottesche, con suoni pizzicati e un minaccioso fagotto che sa di ironia della sorte. Il desiderio di erotismo è così ardente che si tramuta in anacronistica gelosia (“Sei così bella che non dovresti uscire”), fino ad esiti inquietanti: “Vengo con le mie spine, non per darti un fiore”. Dopo questi due episodi, che consistono in due singolarità nell’album, gli altri otto si possono dividere in pezzi lenti ed emotivi, e canzoni dai suoni freschi ed estivi. In questa zona allegra troviamo “I poeti”, che si basa su arpeggi di ukulele e tipiche note hawaiane in slide. L’atteggiamento, a metà tra il romantico e il disperato di Maldestro, qui ricorda Vinicio Capossela in “Ultimo amore”. Si descrivono i poeti come cialtroni che seducono ed ingannano le donne, finendo con una battuta: “Non che io sia un poeta o un cantautore anzi, niente di speciale, ma ti ho appena scritto una canzone… me la potresti dare!”. La serenità musicale continua in “Fino a qui tutto bene”, con un tempo in levare, un arpeggio di banjo e un incedere goffo di basso tuba. Ma le parole continuano a portare domande irrequiete: “Dimmi se ci credi che un giorno torneremo ad essere felici, felici per davvero?”. Nel ritornello risponde un coro di bambini: “Fino a qui tutto bene!”. “Joe” porta la vacanza sonora tra gli steel drum caraibici, con un sospetto richiamo all’immaginario delle ferie anni ’80-‘90. Maldestro ripensa alle “risse nei bar della riviera, per difendere qualcosa che non c’era”, e la maturità indirizza verso ideali più semplici: “Adesso guardo i sogni da un’altra prospettiva, dagli occhi illuminati di tua figlia”. Nel versante emozionale troviamo “Come una canzone”, spiazzante racconto sulla propria madre, che come anticipa il titolo dell’album “odia tutti gli uomini. Colpa di mio padre”. Qui Maldestro affoga nel rimpianto, ma senza eccessivo clamore. “Fermati tutta la vita” è un’imperativa supplica all’amore trovato, di non andarsene più, dopo tanti momenti bui della vita: “Ti ho vista lontana di un passo e poi arrivavi qui, e adesso fermati tutta la vita, e adesso fermati tutta la vita...”, sopra un piano e un quartetto d’archi. In “La felicità” una relazione è sondata nel suo lato più malinconico, alla ricerca ostinata della felicità. C’è anche un termine ricorrente del cantautore, “combattere”: “Da soli non si può combattere”, dice. In coppia si affrontano meglio gli ostacoli, ma anch’essa può diventare una gabbia, se non si rinnova il sentimento: “Continuiamo a rovistare tra le curve della vita, perché alla fine della salita c'è la felicità”. La lotta torna nel 6/8 “Come due pugili”, una ballata che si pone a metà tra i due umori del disco. La malinconia è suggellata da un controcanto di sax, mentre le corde pizzicate fanno pensare ai Goo Goo Dolls in “Iris”. E infine “Lasciami qui” termina questo intimo album, insistendo sull’anafora del titolo. Maldestro vuole essere lasciato tra i ricordi, che costituiscono parte della propria identità. E canta con la voce rotta: “Lasciami qui col tempo e le sue manovelle, tra le sterpaglie fumanti a rischiare la pelle, lasciami qui su quest'asfalto bruciato di luna (…) tra l’imbarazzo e la vergogna di chi si ama in auto, (…) tra le ragazze e i tassinari, tra le ombre che fanno certi fari”. Ma non è un addio, vuole solo un attimo con sé stesso, nella speranza di non essere abbandonato per questo: “Lasciami qui e poi ritorna quando vuoi”. Tante emozioni crude e sincere, per un cantautore della nuova leva che già al terzo album decide di svelarsi per quel che è, quando solitamente gli artisti già celeberrimi lo fanno, forse per pudore, solo dopo almeno otto nove uscite. Vedremo se questo coraggio senza riserve gli porterà fortuna, noi glielo auguriamo. (Gilberto Ongaro)