recensioni dischi
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THE CASCADES  "Phoenix"
   (2018 )

Benchè calligrafico nella sua formale devozione ad epoche e modelli ben definiti, “Phoenix” – quattordici tracce per un’ora di musica – ripresenta l’immarcescibile trio tedesco The Cascades all’apice della creatività a poco più di un anno dal doppio compilativo “Diamonds And Rust”, rentrée dopo un decennio di silenzio. Nati nel lontano 1988, colgono l’occasione del trentennale di carriera per pubblicare su etichetta Echozone un monolite di sontuoso gothic-rock primordiale: ordinato, pulito, fedele a sé stesso, “Phoenix” si concede minime variazioni sul canone che instancabilmente replica in questa cornucopia di ballate lugubri e lineari. La distanza che li separa dai Sisters Of Mercy è pressochè nulla, ivi compreso il baritono sepolcrale di Markus Wild che conferisce alla liturgia un’aura sinistra ed incombente, ben supportata da sonorità vintage e da arrangiamenti essenziali quanto basta a riportare in vita la malìa di una indimenticata parentesi storica.
Il rallentamento estatico di “Behind The Curtain”, la sfuggente melanconia di “Superstar”, l’interessante cover di “Diane” degli Hüsker Dü (impreziosita dalla voce di Esther K. Widmann) ed in generale tutta la parte conclusiva dell’album, con la cavalcata titanica di “Ihr Werdet Sein” ed il drammatico epilogo di “Für F”, entrambe in tedesco, rappresentano gli episodi migliori di un album fuori tempo e fuori moda, che non mancherà di riempire di gioia nera il cuore dei molti nostalgici come me. (Manuel Maverna)