recensioni dischi
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TASHI WADA WITH YOSHI WADA AND FRIENDS  "Nue"
   (2018 )

La "RVNG Intl.-FRKWYS" è un’etichetta di Brooklyn che dal 2003 propone interessante musica sperimentale, entrando anche in campi scientifici ed accademici, come quello della psicoacustica. Per essa, Tashi e Yoshi Wada, padre e figlio, si incontrano assieme ad altri ospiti compositori, nella realizzazione di “Nue”. Il nome si riferisce ad una figura mitologica giapponese, con testa di scimmia, corpo di tigre e un serpente per coda. L’immagine disturbante di questa chimera, come il caleidoscopico videoclip per il brano “Fanfare”, descrivono appieno le intenzioni delle scelte musicali: approfondire le caratteristiche intrinseche di suoni diversi, per assemblarli in maniera straniante. Se l’introduzione di “Abuade” è costituita da due minuti di due posizioni alternate, per un unico impulso elettronico, le caratteristiche principali dell’album si rivelano in “Ground”, che inizia con bassi profondi, sovrastati poi dalla cornamusa. La somma dei suoni di questa e dei bassi viene dilatata e frazionata, facendo vibrare diverse frequenze. Tali frequenze vengono fatte scontrare anche in “Double body”, tramite note a distanze ravvicinate. Qui, singoli battiti percussivi scandiscono il flusso generato; sono colpi di tamburo. Invece, per la maggior parte del tempo, le percussioni predilette sono piatti, di dimensioni e timbriche differenti. Ipnotiche in “Litany”, dove si eseguono scale ascendenti, indugiando sull’ultima nota più acuta. Il corpo principale del suono viene separato dai propri armonici, sparati come fischi ben udibili. In “Niagara” udiamo sdoppiamenti e triplicazioni di un suono che sale come un allarme, ma poi staziona, eludendo l’effetto Shepard che conoscono bene gli appassionati di psicoacustica. Ma al di sotto nulla è stabile, e ad un secondo ascolto emergono elementi che in prima battuta non si notano. Un brano dedicato esclusivamente alle percussioni di Corey Fogel è “Bottom of the sky”, dove molti battiti squillanti vengono fatti gradualmente decantare, mentre altri sono prolungati e non si smorzano mai come farebbero naturalmente. Alcuni colpi gravi glissano, come fossero giganteschi rototom. Un discorso a parte merita la presenza di Julia Holter in “Ondine” e “Mutable signs”, dove la sua performance vocale garantisce un profondo coinvolgimento emotivo, stagliandosi sopra l’incedere della cornamusa. “Moments of Exile (coda)” si avvicina addirittura al binaurale, quando, sotto al principale suono avvolgente, possiamo scorgere minuscoli impulsi che viaggiano da sinistra a destra nelle orecchie. Ma dopo quattro minuti si cambia completamente scenario: il suono si fa più acuto, come in uno degli esperimenti di Battiato negli anni ’70, accompagnato costantemente da fruscii di percussioni, quasi come fosse quel suono a generarli. Queste ed altre illusioni uditive vi attendono in “Nue”. (Gilberto Ongaro)