recensioni dischi
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SILVER APPLES  "Silver Apples"
   (1968 )

I Silver Apples sono stati un duo di musicisti (Simeon Coxe voce e sintetizzatore, Danny Taylor voce e percussioni) che tra il 1968 ed il 1969 pubblicarono due album che li fecero entrare nella leggenda. Tanto visionari nella ricerca estetica quanto amatoriali nell’esecuzione, seppero ispirare nuovi distinti generi musicali, ciascuno dei quali sviluppò una piccola parte delle loro idee, in un’opera di rielaborazione durata circa tre decenni. La riscoperta della loro musica, grazie alla popolarità ottenuta su internet, ha portato Simeon Coxe, unico superstite, a suonare dal vivo in vari paesi sino al 2017, anno in cui ha compiuto 79 anni.

La musica dei Silver Apples rappresenta una delle vette più futuriste del rock psichedelico, ma anche uno dei primi esempi di rock elettronico, un precursore della musica trance da discoteca, della new-wave, del synth-pop, della musica industriale, nonché di vari mattacchioni del rock d’avanguardia tra cui i Residents.

La prima traccia dell’album d’esordio, ''Oscillations'', è praticamente il loro manifesto: le pulsioni primitive delle percussioni e quelle tecnologiche del sintetizzatore, unite al canto drammatico ed espressionista di Coxe, saranno il loro marchio di fabbrica per tutta la loro opera. I droni creano un intreccio poliritmico ed armonicamente dissonante mentre le variazioni di tonalità scandiscono i climax emotivi del brano, i testi e gli effetti sonori sparsi descrivono poeticamente la civiltà delle macchine.

Il secondo brano, ''Seagreen Serenades'', aumenta il contenuto melodico sia nel canto che nell’introduzione di uno strumento a fiato (forse un flauto) che insieme si intrecciano in maniera giocosa, mentre il sintetizzatore procede in direzioni differenti, vagamente interessate al resto della musica.

''Program'', uno dei loro capolavori, è un collage che unisce un motivetto da fisarmonica, frammenti di trasmissioni radio, un frammento preso dal Concerto n. 3 di Vivaldi, musiche da camera suonate con strumenti elettronici ed un canto che raggiunge l’apice dell’alienazione: “mind is the only truth I found” è il loro lamento di solitudine più disperato. Brani più semplici come ''Lovefingers'', ''Velvet Cave'' e ''Whirly-Bird'' riprendono le tecniche espressive di ''Oscillations''.

L’angosciante ''Dust'' e la marziale ''Dancing Gods'' azzerano il contenuto ballabile della loro musica a favore di una tensione spasmodica che rimane costante e che anticipa le litanie cupe dei musicisti industriali di un decennio dopo.

''Misty Mountain'' chiude il disco recuperando un po’ l’allegria di ''Seagreen Serenades''. (Massimo Cucca)