JOE MEEK (THE BLUE MEN) "I hear a new world"
(1960 )
Joe Meek è stato uno dei produttori che ha cambiato per sempre la storia della musica.
Anima tormentata e sempre in bilico tra il genio e la follia, era omosessuale quando non era legale esserlo nel Regno Unito, faceva abuso di barbiturici, gli erano state diagnosticate la schizofrenia ed il disturbo bipolare, ed era ossessionato dall’idea di parlare con i morti.
Dopo che la sua situazione finanziaria divenne sempre più disperata, che fu sospettato dello stupro e successivo omicidio del diciassettenne Bernard Oliver, e che venne accusato di plagio dal compositore francese Jean Ledrut, il 3 Febbraio del 1967 Joe Meek uccise la sua padrona di casa e si tolse la vita.
Le sue collaborazioni con alcuni protagonisti della musica leggera a cavallo tra gli anni '50 e '60 sono state quasi tutte convenzionali, ma nel 1960 diede totale sfogo alla sua creatività e alle sue allucinazioni nel lavoro solista (anche se accreditato a The Blue Men) ''I Hear a New World'', disco (dedicato all’idea della vita extra-terrestre) che di fatto inventa il concept album.
Considerato il primo esempio dell’uso dello studio di registrazione come se fosse uno strumento musicale, la sua formula era estremamente semplice ed innovativa: prendere una melodia innocua, pescando nel repertorio di vari stili tradizionali, e perturbarla artificialmente con effetti sonori bizzarri sino a stravolgerne il significato pur lasciando la melodia originale perfettamente comprensibile.
Il potenziale espressivo di questa tecnica è stato (e probabilmente continua ad essere) oggetto di esplorazione anche grazie alla disponibilità sempre maggiore di tecnologia a buon mercato. Buona parte di ciò che nei due decenni successivi venne chiamato rock d’avanguardia, deve molto a questo lavoro.
La title-track con cui l’album inizia potrebbe essere un lento alla Louis Armstrong, ma la voce (talvolta naturale, talvolta manipolata per raggiungere tonalità al limite dell’umano o per creare un coro di voci dissonanti), insieme al riverbero delle chitarre dà la sensazione di un’alterazione psichica ed esisenziale, di un viaggio verso altri mondi, tutto questo anni prima che il “rock psichedelico” iniziasse a lavorare sugli stessi concetti.
Rimane forse il brano che più di tutti ancora oggi sembra rivoluzionario e che merita di essere ascoltato.
Le canzoni successive sono poco più che arrangiamenti futuristici per i più disparati generi, dallo swing, al flamengo, alla parata da circo e così via, ma ad oggi non suonano più tanto interessanti.
L’effetto straniante dei momenti in cui il sound è più denso e gli acuti più martellanti anticipano di qualche anno i Silver Apples e di qualche decennio il resto del genere umano, ma il valore compositivo rimane molto basso. Le trovate migliori sono nelle introduzioni del brani, riverberi, fruscii e suoni apparentemente casuali mutuati dalla musica d’avanguardia ed introdotti per la prima volta in un disco di musica pop. (Massimo Cucca)