RUGGERO DE I TIMIDI "Giovani emozioni"
(2018 )
Prosegue la carriera goliardica di Andrea Sambucco, per tutti Ruggero De I Timidi, con un nuovo lotto di canzoni birichine, racchiuse nel nuovo album “Giovani emozioni”. Dal liscio dell’esordio di “Timidamente io”, con l’album “Giovani emozioni” si passa ad un pop farcito di intelligenti giochi di parole e di rimandi e citazioni musicali. Partendo subito dal tormentone “La canzone dell’estate”, che canzona allegramente alcune hit di Battiato come “Il sentimiento nuevo”, scherzando anche sulla sua metrica tipica degli anni Ottanta (un po’ come fece David Riondino in “Franco a Catania”, con le sue “cipolle metafisiche”). E così Ruggero canta: “Un kebabbaro mistico, passato al veganesimo, mi induce al voltastomaco con un ragù di sedano. Rimpiango i tempi mitici di paninari luridi”. Ma nell’evocazione delle figure estive non poteva mancare lo sguardo sulle ragazze in costume, con gergo giovanile e neologismi destinati a diventare virali: “Tra le bocce e le sbocciate (…) un movimento pelvico di stile youpornistico (…) quest’estate voglio limonare”. L’album incalza con un umorismo a volte un po’ da Gem Boy, a volte più originale timidesco, con quell’ambivalenza tra il grottesco ed il poetico. “Vibratore” affronta il tabù della masturbazione femminile, con un racconto comico che un po’ riprende un vecchio video dell’epoca d’oro del sito bastardidentro.com, e un po’… parafrasa Fabrizio De André! La segreta “salsiccia di cortesia” si presenta un giorno in famiglia: “Il vibratore si mise in moto rotolando dalle scale, tra gli occhi dei parenti serpeggiò l'indignazione; tua nonna benedetta ribaltò la situazione, prese il vibratore per montar lo zabaione!”. Ma sulla falsariga de “Il pescatore”, la nonna rivela di conoscere il reale uso dell’oggetto: “Arrivarono due gendarmi travestiti da genitori, chiesero se lì vicino fossero passati dei vibratori, ma all’ombra dell’ultimo sole si era assopita tua nonna da ore, e aveva un solco lungo il viso, come una specie di sorriso (…)”. La lingua senza peli di Ruggero si frena (si fa per dire) in “Rimming”. Con acume, la pratica sessuale assume un significato sociale: “In questa società, si sa, tanti praticano il rimming”. E, con buona pace di De Gregori, “Non voglio la mia faccia sovrapposta proprio lì”. Per i più temerari, scoprite il significato di questo verso: “Voglio solamente dirti che ti amo, ma non voglio assolutamente dirti Sanchez”. Poi a suon di country da quadriglia, si racconta la triste storia di uno sceneggiatore di film porno ne “La ballata dello scrittore triste”. Egli è triste perché “le trame dei film porno servono come a un inglese serve un bidè”. Torniamo al mare, ma con la famiglia in “All inclusive”, giocando sul luogo comune a proposito degli animatori. La situazione gradualmente degenera, ma qui niente spoiler. Passiamo ai romantici sospiri di “Mettimi un cuscino in faccia ma amami”, che ricordano un po’ “Je t’aime… moi non plus”. All’umorismo si affianca una dolceamara malinconia, essendo una storia di friendzone, recitata dall’amico che pur di arrivare a letto dice: “Fai finta che io sia lui”. Ma se proprio il due di picche non ci abbandona, Federica resta con noi, giovani uomini implumi. Alla quale Ruggero dedica “Mano amante mia”. E vista la musica vagamente rock e soprattutto le parole, si tratta di una risposta maschile a “L’America” e in generale a Gianna Nannini: “Mano amante mia, io lì ti lascio per sempre, tocchi una parte di me, la sento crescere tra respiro e gemito”. Una citazione a Concato fa sbellicare all’inizio di “Fiore di scoglio”, il pezzo più al vetriolo dell’album, dove l’incubo di ogni figlio si realizza, nel sentirsi cantare quel che nessuno vorrebbe sentire: “Su quello scoglio si ruppe il preservativo. Così sei arrivato tu ed è cambiata la vita, ho lasciato l'università non l'ho mai finita, sono andato a lavorare tutto il giorno in fonderia, se mi mancan quattro dita è colpa tua (…) tutti ce l’hanno con te da quando esisti”. Il tenore lirico Maestro Ivo suggella l’emozionalità del pezzo semiserio “Vecchi”, dedicata alla terza età e ai “genitori intransigenti come fossero tedeschi/ma da vecchi si trasformano in tanti papa Franceschi”, ma l’album finisce senza sesso in una situazione che per chi suona è una tortura: “Pianobar”. Una denuncia coraggiosa, di queste folle bramose di sentire solo successi degli altri da te, senza concederti spazio per i tuoi brani nuovi, accontentando tutti, anche “l’omone dallo sguardo un po’ cupo” che dice: “Io ti sgozzo se non mi fai Pupo”. L’amara soluzione a questo imbarazzo è presto detta: “Hanno tolto il piano, hanno messo il wifi, ora cantano con Spotify”. Bentornato Ruggero! (Gilberto Ongaro)