recensioni dischi
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ELISA SANDRINI  "Come un tic-tac"
   (2018 )

Dal '97 in poi, le cantanti che si chiamano Elisa, involontariamente tendono ad avvicinarsi nello stile alla più nota Elisa Toffoli. Il che è una positiva influenza, trattandosi di un'artista che nel pop rifugge la banalità. Non è da meno Elisa Sandrini, che per un periodo di due anni è stata fisarmonicista nei Kalevala HMS, band folk metal. Con l'album "Come un tic-tac" esordisce come cantautrice, mantenendo un sound che fa incontrare pianoforte ed archi, in quella particolare zona a metà tra pop e folk da colonna sonora che, per capirci, è stata attraversata da Lisa con "Oceano". Queste suggestioni arrivano sin dalla canzone d'apertura "Anna", un 6/8 che presenta uno dei temi ricorrenti della Sandrini, la libertà, e la ricerca di essa, con una voglia di giocare con le sinestesie: "L'altalena è appesa a un balcone che vola nella via, dove non ci son padri né madri (...) luminosa strada di plastica utopia, di natura tubi, poi un giorno te ne andrai (...) le diranno parole sudate (...) fra grondaie che piangono buchi, e padri nei bar, mi rimangono gocce di case che incollano la città. L'acqua elettrica sporca di incendio e la vita che non hai". La libertà continua ad essere esibita in "Anime nere", con i "Lucchetti che non riescono a tenermi rinchiusa" sopra un battito soft di batteria, e la viola che suggella l'emotività del brano, che cela una visione critica: "Gente sporca di fango, sangue nelle strade, telegiornali per pesci, radio per marionette, quante volte ci si perde in mezzo a questa confusione di anime nere". Sopra una coda trascinante, la critica in seguito si fa meno velata: "Malati di troppo sfarzo, collezionisti di Ferrari, amanti di cavalli di legno, venditori di finti sorrisi. La Storia non insegna, si ripete, accumulando sofferenza, pusillanimi di oggigiorno riunitevi, riunitevi, riunitevi, riunitevi...". 50 secondi racchiudono la surreale "Il tempo parla", introduzione alla sognante titletrack "Come un tic-tac", impreziosita da un pianoforte argentato. La voce di Elisa e l'armonizzazione del ritornello rimandano a quel rock rinascimentale capitanato da Candice Night nella Blackmore's Night. I "passi traballanti di una che non ha paura" sono quelli coraggiosi di Elisa in "Con le mani senza terra": "Vivo un'anima improvvisa, che graffia a modo suo. Potrei bere dai tuoi occhi che son versi di poesia. Così nutrirai il mio corpo della tua dolce anarchia; nelle rughe dei miei inverni capirai le mie scritture. Con le mani senza terra, con l'amore senza Dio". Il coraggio diventa guizzo di rimprovero in "Il colore del merito", altro pezzo in 6/8, davvero il tempo prediletto in questi pezzi, col violino che tesse una melodia folk. Qui Elisa mette paletti e marca distanze da chi snobba il talento e le idee: "Via da me comari bugiarde, mediocri figure (...) i nuovi profeti di cause già morte (...) mercanti cordiali vestiti da amici". In questo genere, solitamente innocuo e piacione, è difficile trovare esplicitamente la parola "razzismo", cosa che invece accade qui: "Razzismo e ignoranza, le vostre bandiere, per una mancanza di curiosità". Le progressioni armoniche da soundtrack tornano in "Uguale a te", racconto tenero di un avventore in un bar, che disegna il volto della barista e lei se ne accorge... Un pezzo apparentemente slegato dal resto, è "Lejos de ti", dal ritornello orecchiabile, pensato per attirare l'attenzione del mercato spagnolo, anche se nella lingua castigliana talvolta si sente qualche "s" sonora italiana di troppo. L'album si chiude con l'azzurro del flauto e il verde degli archi, nei colori di "Arcobaleno", che riassume le suggestioni musicali pop folk, e l'etica testuale: "Non esistono mille regole, il rispetto è la cosa più semplice (...) il tuo passo nudo e sicuro in un cuore curioso e sincero". E si chiude così l'Lp di Elisa Sandrini, in una "danza di stelle infinite". Una proposta, come dire, moderata, che cerca di portare una riflessione critica e a tratti polemica, all'interno di un genere solitamente molto più conciliante. (Gilberto Ongaro)