SIMONE BALDINI TOSI "Mentepresente"
(2018 )
"L'assenza di scopo fa bene". Le parole di Simone Baldini Tosi sono un inatteso ma necessario colpo duro, per chi persegue una mentalità di carriera all'occidentale: prefissarsi degli obiettivi ambiziosi, crescere, conquistare, arricchirsi, mangiarsi quante più passioni terrene possibili. Cantautore che, più che indipendente, ama definirsi interdipendente, Simone è anche praticante Yoga e insegnante di filosofia indiana, e questo si avverte esplicitamente nelle sue canzoni. Il suo quarto album "Mentepresente", uscito per Materiali Sonori, contiene principalmente canzoni d'autore che tendono a ritmi lenti e meditativi, con un'eccezione, e pezzi cantati in indiano. Come il breve mantra introduttivo "Namo Shakyamuni", con suoni di harmonium e campana tibetana. "Vertigine" si presenta come manifesto poetico. Un sitar che incontra la chitarra acustica e gli archi, per delle frasi che arrivano direttamente alla coscienza, come quella riportata qui in apertura. "Non illuderti che esistano i buoni e i cattivi (...), che un figlio ti risolva la vita (...) Quello che cerchi ce l'hai già, dove vuoi andare, ci sei già, tutto mi appare per ciò che è, un'affascinante vertigine". Il concetto di vedere le cose per quello che sono, e provarne una vertigine, è una semplificazione per aiutarci ad intuire cosa sia raggiungere certi livelli di consapevolezza. Dopo questi illuminanti suggerimenti, sta benissimo inserire la versione di "Montesole", con il suo discorso originale sull'amore: "L'amore non cantarlo, che si canta da sé. Più lo si invoca, meno ce n'è." La drammatica orchestra, ed il modo di cantare di Tosi, fa dimenticare che sia una cover di Giovanni Lindo Ferretti (periodo PGR). "Nuvola", canzone dalla melodia intimista, tratta in maniera profonda la situazione dell'innamoramento, iniziando con "Accarezzai l'idea ridicola dell'eternità" ma terminando con "Poi capii la metamorfosi dell'eternità", passando per: "Il risultato della mia sostanza è come te". Si torna all'indiano con "Avalokiteshvara", dove però i melismi cantati sono occidentali, su scala maggiore in 6/8. Il risultato è chillout. Interessante il pezzo "Asso", che non fa capire nell'immediato il delicato argomento che tratta. Ambientandoci in un bar con la televisione e i ragazzini col pallone, dopo un po' arriva il ritornello come un'amara rivelazione: "Asso, asso e corona, ancora un giro, sarà la volta buona, e allora asso, re, asso, vorrei smettere ma non posso". La dipendenza dalle slot machine viene raccontata dal punto di vista del giocatore: "C'ho una vita lasciata in cantina, e poi asso, cuore, moneta, m'attende a tavola una famiglia segreta. Che volete da me, non faccio niente di male, non m'avete mai cercato, mi volete salvare?". Dopo questo racconto toccante, si torna all'indiano con "OM Purnamadah" dove, anche se le parole non sono comprensibili a chi non conosce la lingua, basta l'intensità della musica, la drammaticità dell'arrangiamento. Al quale fa da contraltare il brano seguente, "Amare è umano", che alleggerisce il clima con il classico ukulele in levare da youtuber (pur mantenendo sullo sfondo il sitar e l'atmosfera indiana). E anche in questo caso il testo apporta pensieri profondi, anche se affrontati con una musica più lieta. "L'estrema sintesi di ciò che ho detto, nonostante tutte le parole, è una vibrazione nel silenzio che fa respirare (...) l'estrema sintesi dei miei doveri è far parte di un'evoluzione". La filosofia incontra dunque la scienza, vedendo come in un'apparizione il proprio DNA e il senso che ha. Il ritornello cerca di comprendere la totalità delle azioni compiute in vita: "Ho detto tutto e il contrario di tutto, fatto di tutto e il contrario di tutto, perché cambiare è umano". Dopo questa indulgenza verso l'uomo, ricompare l'harmonium in un altro pezzo dal titolo significativo: "Sono a casa". E' lodevole il tentativo di riassumere in maniera efficace, appunto in estrema sintesi, i complessi pensieri del Buddismo, nello spazio limitato delle canzoni: "Ho pensato così a lungo come smettere di pensare, ed ho cercato così tanto come smettere di cercare, ma adesso sono a casa". Chiude l'album il meraviglioso pezzo "Mudita", suggestivo come l'Adagio for Strings di Samuel Barber, dove Simone canta per l'ultima volta in indiano. Il termine "mudita" significa "godere del benessere altrui", idea davvero distante per il nostro mondo competitivo. Ma non esiste rivoluzione al mondo, senza rivoluzione interiore. E Simone Baldini Tosi, il cantautore zen, sa indicarci la via per questo cammino. (Gilberto Ongaro)