recensioni dischi
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SKADEDYR  "Musikk!"
   (2018 )

Gli Skadedyr sono una delle formazioni jazz più influenti degli ultimi anni sulla sempre vivace scena scandinava. L’orchestra di stanza a Oslo è attiva da sette anni ed è tornata da poco con un nuovo album intitolato “Musikk!” (appena uscito per la celebre Hubro Records), il terzo dopo “Culturen” e “Kongekrabbe”. “Musikk!” riparte dalle stesse idee che gli Skadedyr hanno sempre messo in campo: la musica deve essere totalmente libera, seguire le proprie regole, il jazz deve essere “free” nel vero senso della parola. È così che, anche “Musikk!”, si muove fra improvvisazioni e sperimentazioni, fra Alice Coltrane e Carlos Santana, con rumori di fondo da musica d’avanguardia e richiami al passato. Non esattamente una novità, per una band che con gli anni ha saputo plasmare il proprio stile fino a renderlo pressoché unico, ma ciò che stupisce, oggi come allora, è come tutto ciò riesca a suonare equilibrato e scorrevole, senza alcun tipo di manierismo. La titletrack inaugura il terzo capitolo discografico dei norvegesi con un’intro che somiglia a una lunga coda, prima che una fase centrale cambi totalmente la struttura e la fisionomia del brano. “Frampek” e “Kallen” raccontano la schizofrenia e destrutturano i suoni, poi “Festen” cresce lentamente fino a esplodere in assoli collettivi e un mero divertissment. Nel finale è addirittura rinvenibile qualche traccia di reggae, prima che i fiati tornino a prendersi la scena. L’intermezzo “Portrett” conduce verso “Hage Om Kvelden” e il suo fluire elegantissimo. È la conclusione di un disco che ribadisce la sensibilità e l’ispirazione di una formazione fra le migliori della decade nel panorama del nuovo jazz. (Piergiuseppe Lippolis)