IL SENTIERO DI TAUS "Macrocosmosi"
(2018 )
Introspezione, apertura alla relazione con il divino, sonorità ipnotiche, inquietudine, stasi, improvvisazione, magia, nevrosi, allegria, durezza: tutti elementi che si fondono nel Progressive psichedelico e sognante de Il Sentiero Di Taus che, in “Macrocosmosi”, attraverso nove tracce, parla di Dio all’Uomo e all’Uomo di Dio. Gennaro Lucio Zinzi (Voce, chitarra e "strumenti buffi"), Tiziano Taccini (Chitarra), Jesus (Basso) e Claudio "Buddha" Buonfiglio (Batteria) portano l’ascoltatore in terra mesopotamica, tra le radicate credenze dei curdi Yazidi, tra ascesi cristiana, ritualità ebraica e cultura islamica, proponendo sonorità orientaleggianti, che sanno di urla tra i mercati in popolosi quartieri, ma anche di sabbia nel sole cocente del deserto, di sinuosi balli tra le tende dei pastori e racconti che si tramandano da padre in figlio. “Ouverture” è l’inizio della storia che si snoda lungo quasi tre minuti di intro strumentale ricca di fraseggi tra basso, chitarra, batteria e “strumenti buffi” prima di aprirsi alla voce di Lucio Zinzi. La creazione, quale opera di Dio, è il tema centrale del concept, una creazione che l’uomo non ha saputo o voluto apprezzare, non riconoscendone la reale paternità, ma se ne appropria per smania di potere e vanità. “Decisione”, tra bene e male, tra fidarsi di Dio e staccarsi da Lui, è la seconda traccia, tra ritmi estremamente variabili, tempi e controtempi che confermano la grande intesa e compattezza della band, elementi indiscutibilmente fondamentali per cimentarsi nel progressive. “Era Moderna” inizia strizzando l’occhio alla durezza del metal, per poi alternarsi alle sognanti melodie progressive e aprirsi alla “Genesi”, la bizzarra quarta traccia che richiama sonorità circensi. La “Genesi” parte dal nulla per arrivare alla luce, creazione di un mondo da parte di un Dio imprigionato nell’Eternità. Dal Caos al Cosmos, dalla confusione all’ordine, richiami nei nevrotici passaggi di chitarra, basso e batteria che sostengono una vocalità che alterna tratti di imperiosità a tratti più distesi. Dalla nebulosa creazione, in cui lo spirito di Dio aleggia sul caos primordiale, alla genesi di ogni creatura, dagli angeli all’uomo, passando per ogni specie di animale. L’inquietudine è l’elemento dominante di “Sorridi (Penitenza)”, mentre “Adamo (Parte 1)” distende il clima con un flauto che fa da intro a sonorità acustiche e vivaci: il peccato, separazione tra uomo e Dio, Adamo, primo simbolo di quel peccato che si ripeterà nella carne di ogni uomo fino ai giorni nostri: Adamo è un’umanità che si perpetua in una fragilità travestita da onnipotenza e nella bramosia di un potere fine a sé stesso. Il grido di un Adamo, conscio del suo peccato, e l’aiuto invocato non impediscono all’uomo di essere un “Canis Ferox (Le Debolezze Dell'Uomo)”: violenza e malvagità prendono il sopravvento su un uomo che diventa fratricida, unica specie del creato che uccide non per istinto ma con cognizione di causa diventando una belva feroce. L’Hobbesiano “Homo Homini Lupus” diventa la triste realtà di un mondo creato da Dio per l’amore e per la pace, ma che per l’egoismo dell’uomo si trasforma in un inferno. “Al Jilwah (Il Libro Della Legge)” è l’estremo tentativo da parte di Dio di rendere Santo l’uomo, dettandogli delle regole da seguire: otto minuti di un corale progressive che non lascia spazio a dubbi sulla grande caratura di una band che gode di un ottima sintonia. Chiude il disco “Adamo (Parte 2)”, storia dell’unione tra Adamo ed Eva nella generazione della futura umanità: sonorità dure si fondano alle ipnotiche melodie del flauto e del moog e pongono la parola fine ad un concept ben suonato e ricco di spunti di riflessione. Nel complesso il lavoro de “Il Sentiero Di Taus” ha le carte in piena regola per entrare di diritto nella storia del Progressive moderno, grazie ad un sound energico, pulito e ben orchestrato, e grazie ad una storia (non scontata e non banale) che fa da filo conduttore lungo lo snodo di tutto il disco, cosa non secondaria per un buon disco prog. che si rispetti. (Angelo Torre)