SIXTURNSNINE "Spinning numbers"
(2018 )
Non v’è spiraglio di luce alcuna nel debutto del trio tedesco SixTurnsNine, originario di Düsseldorf ed oggi all’esordio discografico per Echozone con le sei tracce di “Spinning Numbers”.
Fondati nel 2015 dal bassista Philip Akoto, dal tastierista e programmatore Lutz Bauer e dalla cantante Anja Trodler, porgono con oscura sensibilità un inconsueto melange di elettronica addomesticata, echi tardo-wave, massicce iniezioni di trip-hop ed un generale sentimento decadente e lascivo.
In un florilegio di bassi incupiti ed algida introversione si susseguono su uno scenario a tinte fosche brani incalzanti, soffocanti, squadrati, stesi su un tappeto di loop martellanti che replicano sé stessi in un mantra discretamente cervellotico, sebbene non impervio.
La voce di Anja sa modularsi in contorsioni inattese, mutando pelle, accenti ed altezze in un registro interpretativo che spazia dal canto parlato ad inflessioni capaci di lambire perfino il blues: Schoenberg e Lene Lovich in una mezzora di stralunata introspezione che attrae in un incantesimo al limite dell’ipnosi.
L’apertura à la Portishead di “Painted Clouds” lascia vibrare pulsioni liquide mentre la voce di Anja ricama figure quasi mediorientali; il battito secco di “Thunder” disegna un’atmosfera gelida trafitta da vocalizzi acuminati come spade; “Threat In The Neck” si avvolge su un mood alieno che ricorda quello della “Ava Adore” di Corgan & soci fino alla disturbante chiusa à la Test Dept; in coda viene poi rivisitata in un remix che ne esalta le trame rimaste sepolte nell’originale, in una cornice più ricca di sintetizzatori che ne amplia gli orizzonti e la rende più accessibile, addirittura sensuale.
“Souls” è una micidiale cateratta di dissonanze in crescendo, con basso distorto ed un’ipotesi di ritornello degno e memore della Siouxsie dei dorati primordi, terreno fertile per la performance espressionista di Anja; e se questa è pura dark-wave fine ’80 aggiornata a sonorità contemporanee - altra prospettiva, ma immutato fervore -, il capolavoro è “Blue Gothic”, cadenza ossessiva à la “Karmacoma” la cui tetraggine è rimarcata dall’uso della lingua tedesca a conferirle un alito mortifero di spettrale marzialità.
Album a tratti opprimente ma ricco di un fascino insondabile, “Spinning Numbers” si muove annodando le proprie spire in un deliquio monocorde: è un’incessante danse macabre suadente ed irrequieta, un sordo e strisciante salmodiare che va dal buio al buio senza concedere requie né occasionale frivolezza.
Splendido e coinvolgente, in un suo modo sottilmente perverso. (Manuel Maverna)