recensioni dischi
   torna all'elenco


RIGHEIRA  "Righeira"
   (1983 )

I ’60 erano tornati di moda, tra Saporidimare e via discorrendo. E c’era tanta voglia di Ispania, forse ancora sull’onda lunga di Paolorossi (lo hanno sempre chiamato con nome e cognome attaccato). Voglia di canzonette facili, spiagge e bagni al largo per vedere gli ombrellonionioni. Loro capitarono a fagiolo: finti fratelli, avevano il nome in comune (Stefano) ma non il cognome (Rota uno e Righi, da cui il nick del duo, l’altro). Poche esperienze: un singolo flop di Johnson Righeira chiamato “Bianca surf”, poi l’unione con i La Bionda, con la creazione di “Vamos a la playa”. Una dolce tortura sulle spiagge di quel 1983, benchè il testo parlasse di radiazioni nucleari, acque fosforescenti e venti radioattivi. Ne fecero anche una versione in italiano, di minor successo, dove “legioni di mutanti” combattevano sui surf. Loro si muovevano roboticamente, fingendo di avere microfoni negli orologi, sfoggiando pluricravatte e camicioni da pugni negli occhi. Uscì anche l’album, in ritardo però: come si poteva, a Natale, promuovere un 33 giri – ah, la nostalgia di questo nome – che sembrava già sbiadito, come i ricordi di Viserbella? Eppure il disco non era per niente banale: c’erano canzoni in italiano, francese, inglese, tedesco, spagnolo, c’erano suoni elettronici che andavano al di là della classica italodance dell’epoca. E un singolo nuovo, “No tengo dinero”, che ebbe anche successo. Ma non era roba da promuovere sotto la neve. Loro flopparono con “Hey mama”, l’anno dopo, ma si riesumarono con un altro tormentonissimo nel 1985, “L’estate sta finendo”. Ma erano anche finiti i tempi in cui con un singolo ci si poteva costruire una carriera, e il loro secondo e ultimo album (“Bambini forever”) non era proprio una pietra miliare. Ci fu il lento tracollo, problemi con la giustizia – assoluzione piena – per uno dei due, poi la reunion, tornando a fare quello che meglio sanno fare: contorcersi ed urlare “Vamos a la playa”. Potevano essere i Kraftwerk italici, peccato. (Enrico Faggiano)