LITTLE TORNADOS "Apocalypse!"
(2018 )
A dispetto del titolo che lo introduce, c’è ben poco di sconvolgente e definitivo in “Apocalypse!” (pubblicato su label Rio Bogotà), secondo lavoro sotto il moniker Little Tornados per David Thayer, musicista e compositore californiano che da trent’anni plasma un pastiche di lounge e tenue psichedelia tra Benjamin Biolay e Nouvelle Vague, un ribollire di tropicalismo suadente e groove crepuscolare dal forte sapore vintage.
Il progetto Little Tornados è di fatto una sorta di supergruppo (si dice così, no?) che vede impegnata a fianco di David una nutrita schiera di artisti per palati fini, tra gli altri Laetitia Sadier degli Stereolab al basso e John Herndon dei Tortoise alla batteria.
Accenni pinkfloydiani (“Pleasure, Treasure Airline”) fanno capolino in brani notturni e sonnacchiosi che non ambiscono a svilupparsi, abbozzi crogiolati in onde sci-fi ad imporre uno stile-non stile fatto di svogliata indolenza, una slackness retro futurista che vaga impigrita senza nemmeno sfiorare compiutezza o perfezione.
“Apocalypse!” accenna, non realizza: accade nell’indolente ballata in francese di “Chèrie La Mouche” o nella musica da strip tease di “Fire”: in un compassato sfoggio di sussurri, fiati e languori da club privè, David inscena una strana pièce per dieci esili episodi che si dissolvono in 29 minuti impalpabili, diafani, eppure arricchiti da una malìa sottile. Un’apparentemente innocua airport-music rifinita con classe che cerca il suo spazio vitale chissà dove, in una bolla ovattata come l’habitat che si è scelta.
Quasi una litania che arranca sottotraccia à la Beck su una progressione monocorde dal vago sentore jazzy affidando il chorus ad una parte strumentale, procede morbida “I Disappear”, basso dubstep per un’agonizzante lullaby ai limiti della monotonalità; e se “Texas” è una nenia sbilenca e cangiante priva di appigli, la conclusiva “Diamantes Del Sol” – in spagnolo – naufraga volutamente nel nulla come un discorso troncato a metà.
Lavoro concettuale che concede sparute briciole ad immediatezza e godibilità, “Apocalypse!” è ragionato e diligente, un raffinato esercizio di stile nell’ampio panorama discografico del suo ideatore: interlocutorio, direbbero i critici seri. Sibillino, mi permetto di aggiungere. (Manuel Maverna)