DEER "Portraits"
(2018 )
Un duo messicano residente a Hong Kong che fa trip rock. Le premesse geografiche ci sono tutte per compiere viaggi musicali, e così è per i Deer, che nel loro Ep "Portraits" ci propongono 4 canzoni dense di suggestioni timbriche crepuscolari. Prima di pensare ai Massive Attack, il riferimento noto che viene alla mente è quello dei primi Portishead, però la voce femminile qui è molto meno sofferta, anzi in certi momenti appare sicura di sé e più "nera". "Wild eyes" mette in risalto il rullante synth e la distorsione della chitarra, attingendo nell'industrial. I testi sono accomunati da una presa di coscienza esistenzialista, come in questo primo caso: "You're alone, face it, don't look back (...) you're a face drowning in this giant mask". In "Alive", dove capeggiano dei suoni bui come certi brani dei Subsonica, si cerca un collegamento telepatico: "Can you feel alive? (...) Do you feel my mind?". Gli altri due brani sono meno rock ma più trip hop classico, quello caratterizzato da bassi synth taglienti e andamento ipnotico. Emblematici i due videoclip che li accompagnano, in particolare quello per "In the shadows", che mostra anche l'habitat che ha reso fertile la creatività del duo: un uomo, probabilmente cinese dato che siamo a Hong Kong, gira per la città e non succedono tantissime cose, ma il video è pieno zeppo di effetti psichedelici, ralenty, sovrapposizioni di immagini dei grattacieli e delle persone, e in tutto questo ciò che ci mantiene saldamente orientati è il suono di basso avvolgente, che lo diventa ancor di più in "I want it all". Qui il testo segue un'aspirazione spirituale: "I want to complete my soul in this silly life (...) I want to transform the water in wine". E con questo desiderio mistico l'Ep termina, mostrando chiaramente la direzione del duo. Per gli amanti del trip hop. (Gilberto Ongaro)