recensioni dischi
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PAOLO PARON  "Vinacce"
   (2018 )

Dalle colline friulane scaturisce la progettualità del nuovo album cantautorale di Paolo Paron, fantasioso polistrumentista che non si limita ad un mero incarico musicale ma è, altresì, impegnato in più attività: teatrali, scenografiche e di laboratorio artistico. In aggiunta, appena scoprirete gli 11 distillati di “Vinacce”, vi resterà quel retrogusto vintage che appaga lingua ed anima. Come del maiale non si butta niente, Paròn assume, metaforicamente, lo stesso principio per gli scarti degli acini, torchiando sul mosto del pentagramma per ricavarne profumi e sensazioni: antiche ma forti, dimenticate ma, al contempo, coriacee ed attanagliate nelle nostre rimembranze. La botte si dischiude con “Mani adatte”, che fa presagire quiete ed invece si rivela dura, con miscela carica tra violini e bassoni incalzanti. “L’allegro caos dello scolapiatti” è l’evidente sfizio scherzoso che si concede con la tromba in sordina in un brioso swing. Sulla stessa linea ludica c’è l’andazzo circense di “La domenica del supermercato”, con ironia palpabile ma curata con tecnica sopraffina. Già dalla militanza nell’Orchestra Cortile, Paron ha sempre fatto in modo che l’atipicità ronzasse in ogni nuova proposta per spiazzare con tatto e amenità, ispirandosi a personaggi per niente ammicchevoli come Mauro Pelosi (ricordate: “Ho fatto la ..acca sul pianoforte?). “Le ore d’estate” le attendiamo per tutto l’anno e, se poi, sono commentate da un gustoso pop-rock che ci fa battere il piedino, la spensieratezza non mancherà. La title track (al pari di “Amleto 1990” e “Ai tempi delle chat”) ci delizia in àmbiti intimistici con la sola trama della chitarra acustica e pochissimo altro, a sussurrare liriche old-style. Un’eclettico come Paron non si fa mancare nemmeno un paio di incursioni nel blues con “Lo chiedo a te” e “Via Bertaldia blues”, con evidenti intenti rabbiosi e tagliente ironia per stemperare la disillusione che alligna nel mondo intero. Il goccio finale è versato da “Seasons (a Silly indie song)”, delicata ballad in inglese con inizio tribale in cui risalta l’autoironia di godersi liberamente una “sciocca canzone indie”. La forza di “Vinacce” sta nell’esser maturato lentamente, con fior di musicisti, in una botte di fr(assi)no. Quindi, distillazione riuscita? Per(bacco)! (Max Casali)