recensioni dischi
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PULSATILLA  "Anemone"
   (2018 )

Dopo l'Ep d'esordio omonimo dei Pulsatilla, la band torna con l'album "Anemone" che sancisce la loro interpretazione personale del dream pop, oltre a riconfermare una certa chiave di lettura dell'esistenza nei testi, intrisi di una particolare filosofia circondata da un vasto assortimento floreale. La chitarra pulita con chorus, l'utilizzo di arpeggi alla jingle-jangle e di accordi di settima maggiore e minore costituiscono il sound principale di tutti i brani, dalle velocità più o meno moderate. Il videoclip del pezzo d'apertura "Madame, adieu (Aritmia)" rende bene l'idea del pubblico femminile a cui è rivolta la musica dei Pulsatilla, dai colori chiari e tenui. La ragazza protagonista mangia un fiore trovato in un libro di omeopatia e sviene, risvegliandosi in un'altra dimensione, dove danza su una distesa di neve. Per potersi risvegliare e tranquillizzare la madre che la vede priva di sensi, dovrà trovare un altro fiore da mangiare nell'altro mondo. Di questa dimensione parla il testo: "Mi stenderei, se potessi, sui campi della tua mente, per capire come crescono i fiori dentro te, per piantare fiordalisi e ginestre, biancospini...". Il secondo brano si chiama "Bella di notte", come quel fiore che si apre di sera, chiudendosi di giorno. E le parole continuano a portare visioni poetiche della realtà nota: "La notte scende giù nel viale, la luna sogna d'essere il sole". La canzone "Campi di viole" accelera leggermente i bpm per correre appunto tra campi di viole: "Ridendo mi guardi, sospiro, vorrei che fosse perpetuo questo momento davvero". Vengono coinvolti tutti i sensi, anche l'olfatto, con il "profumo di pioggia e di tiglio", mentre l'autore si perde a contemplare la sua ninfa. E di ninfe accenna il brano successivo, quelle di Poseidone: "Nereide". La ragazza è timida, "come un riccio ti chiudi se ti tocco", ma "il tuo essere così introspettiva ti rende affascinante", e il desiderio si desta: "Forse dovrei chiederti il permesso, ma non voglio, non voglio, non voglio...", e il basso accende la distorsione. La timidezza per i Pulsatilla è causata da una "psora", ovvero un tipo di miasma, cioè una predisposizione ad un tipo di malattia, secondo una teoria del fondatore di medicina alternativa Samuel Hannemann. Quindi l'essere timidi va sconfitto, come si cantava nel precedente Ep nell'omonimo brano "Psora". E adesso in "Psora II" si affronta una situazione di stasi: "Rischio di starmene qua per sempre se non ti lascio andar". La voce ha qui un'espressività maggiore rispetto alla media flemmatica delle altre canzoni. Aria apprezzabile anche in "Trentuno", dove il riff melodico di chitarra gioca su cromatismi. E compaiono altre espressioni insolite: "Non voglio riciclare il destino, ha troppe sfumature sbagliate". "La danza dei coribanti" è un valzer strumentale con protagonista un suono lead di synth. L'andamento è ubriaco, difatti i coribanti erano dei sacerdoti pagani che, per onorare la loro divinità, davano vita a danze sfrenate ed orgiastiche. Il riferimento è coeso con il più generale clima dionisiaco, fatto di piaceri e colori, descritti fino alla fine dell'album, che ci porta nella Valle di Teva, idilliaca frazione pesarese. Riaffiorano ricordi luminosi di lì in "Val di Teva", dove "Vorrei poter rifare la foto in cui sorridi verso la luce". Il pezzo è anticipato da "Niente di te", parentesi dove non è rimasto nulla della donna ormai lontana "come acqua dalla sorgente". Sarebbe bello poter accedere a questo mondo vivace nella mente dei Pulsatilla, dove poter sognare "una vita senza dolori" ma potrebbe capitare in qualunque momento, se concedessimo a noi stessi la libertà di raggiungerlo. Del resto, come dicono loro stessi in "Per fiorire": "Non devi dar conto a nessuno, nessuno sa quand'è il tuo tempo per fiorire". (Gilberto Ongaro)