recensioni dischi
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CIRCOBOIA  "Circoboia"
   (2017 )

Sorretto e scosso da una martellante cadenza degna e memore del Reverendo, l’omonimo debutto su etichetta Dischi Bervisti del duo grossetano Circoboia – Erika Fassari voce e chitarra e Joey Chiarello al basso – per la illustre produzione di Gian Maria Accusani esordisce con promettente verve sulle ali del suono scopertamente indie di “Doppler”. La voce squillante ed indisciplinata di Erika offre con perversa scioltezza il reggae aspro della successiva “Fight For Love”, l’aria sbracata ed irriverente di “Ye!Ho!” e gli sguaiati vocalizzi nasali di “She Walks Into The Fire”, flirtando con tutto un campionario di suggestioni post-wave che inizialmente sorprendono, ma che tendono a flettere mentre ci si addentra nel cuore nero dell’album. Quando sembrano scorrere già i titoli di coda a metà del film, ossia dopo la nuova parentesi mansoniana di “The World Of Tomorrow”, le sorti che appaiono già segnate mutano repentinamente con brillante sfoggio di caratura superiore: “Lick The Hell” lascia andare tutto a briglia sciolta, con una vocalità che funziona tanto meglio quanto più rinuncia a replicare sé stessa, esempio lampante di come creare interesse smussando forzature varie e manierismi assortiti. Succede nel bel chorus di “Hellride” e nella semplice immediatezza di una “I Think You’re Right”, con bei chitarroni sparati e tanta sana incoscienza ribelle. Alla fine, un album che sembra doversi incepparsi sul medesimo tasto riesce invece a tenere alti ritmo e dolore per una mezzora di squadrato fracasso, aggiungendo idee e varietà ad un canovaccio che non sarà una novelty, ma che pesta dritto in faccia senza lesinare una malsana cattiveria da ragazzacci off. Stoffa ce n’è, e se si scomoda Accusani un motivo ci sarà. Da seguire. (Manuel Maverna)