recensioni dischi
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SCANDROID  "Monochrome"
   (2017 )

Strano corto circuito temporale, quello di codesti Scandroid. Che dovrebbero aver parcheggiato la Delorean da qualche parte, proveniendo per forza di cose dalla metà degli anni 80 con un prodotto che farà felici, come già in loro lavori precedenti, i soggetti che non si sono piegati alle modifiche musicali degli ultimi decenni. Oltretutto, i Nostri non solo fanno finta che nulla sia avvenuto, ma anche nella scansione discografica sembrano tornati indietro nel tempo, dato che “Monochrome” arriva ad un anno solo di distanza dal precedente “Scandroid”. Insomma: come ai vecchi tempi, si produce un disco all’anno e non si fanno passare piani quinquennali tra un lavoro e l’altro. Eppure, Dio mi perdoni (specie chi sa da che parte pulsa il cuore musicale dello scrivente), forse un attimo di attenzione in più sarebbe servito, perché “Monochrome” pare un po’ sotto quello che era stato l’esordio a 33 giri – diamine, se dobbiamo parlare del passato, usiamo termini del passato – e con meno sbalordimento collettivo. Il motivo? Passaggi a vuoto sparsi qua e là, come a voler riempire i solchi in fretta e senza quell’ottima ricerca delle fonti antiche che c’erano state. C’è una cover mostruosa come “Thriller”, mostruosa nel senso della fatica di approcciarsi a cotal pietra miliare della musica, uscendone nemmeno malaccio. Però, se il precedente era stato un meraviglioso Bignami di tutto quello che gli anni 80 sintetizzati avevano prodotto di buono, qui (sarà la mancanza dell’effetto sorpresa?) ci si perde un po’ per strada, eccedendo negli strumentali e restando più sullo scolastico che non sul vero e proprio approfondimento. Poi chiaro, se come detto non vi siete ancora abituati alle boiate dell’attualità, qui ci sguazzerete senza nemmeno bisogno di eyeliner e spalline. Ma, se proprio siete esordienti in materia Scandroid, date occhiata prima all’esordio. Non ve ne pentirete. Questo? Riascoltabile, ma meno clamoroso. Può capitare. (Enrico Faggiano)