recensioni dischi
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MALMO  "Manifesto della chimica romantica"
   (2017 )

Il post-rock è noto per essere strumentale, o per lasciar spazio a poche parole sommerse dal suono che resta prioritario. I campani Malmӧ tentano una strada diversa: reinserire dei testi significativi, mantenendo lo stile di ampio respiro riconoscibile in nomi noti come gli Explosions in The Sky. Il loro nome proviene da una città danese che i membri della band volevano visitare, ma che per diverse circostanze non hanno più potuto raggiungere. L'idea di un posto ambito e non raggiunto come nome della band: già questo è un richiamo al Romanticismo ottocentesco, per il quale l'artista vuole sempre raggiungere un'aspirazione lontana. Difatti il loro album d'esordio si intitola "Manifesto della chimica romantica"; chimica come scienza, poiché il pensiero degli artisti, strano a dirsi, è scientifico, e al contempo romantico. Tipico concetto antifrastico del diciannovesimo secolo, dove accanto al filone sentimentalista proliferavano anche movimenti quali il Positivismo, il Verismo, lo scientismo e così via. Non si preoccupino gli amanti del post-rock: tutti questi concetti non rovinano i paesaggi sonori che la band crea, anzi, in un certo senso li fortifica, ed anche se il linguaggio è abbastanza elegante, è esso a valorizzare la musica, non il contrario. Certo, la necessità di costruire una melodia più strutturata per dar spazio ai testi, avvicina un po' il genere a un certo rock italiano di pregiata fattura, a momenti dal sapore di Negramaro, come nel brano d'apertura "L'alba di un giorno di festa", per quanto riguarda l'impatto delle chitarre. La voce chiede: "Trascura il disordine, ignora la polvere, separa dall'utile ciò che è indispensabile". "La deriva" inizia con accordi suonati con la flemma dei torinesi Gatto Ciliegia Contro il Grande Freddo. In entrambi i pezzi, e in molti altri, compare il glockenspiel a caratterizzare le fasi più tenui. Spicca spesso e volentieri anche il bassista, non essendo coperto come al solito da riff di chitarra. "Il principio di Archimede" è il primo esempio di incontro fra scienza e sentimento: "Anni spesi a decifrare tesi, codici e teoremi: le parole più preziose vanno dette a bassa voce (...) certi brividi non puoi descriverli con parentesi metaforiche". "Il corpo immerso dentro un altro ha una spinta verso l'alto pari all'amore che li brucerà, ci apparirà": la melodia e le prime parole di "Polaroid" iniziano scivolando pericolosamente in una somiglianza con l'incipit di "Una storia d'amore e di vanità" di Morgan, ma poi cambiano. Il sentimentalismo, qui, prende il sopravvento: "E se un giorno mi rincontrerai, questa foto ricolorerai". Il topos tipico dell'isolamento, espresso in musica nell'ambient canadese, in italiano trova le parole, in una riflessione esistenziale sostenuta da un riff melodico di pianoforte, nel brano "A chi è lontano": "Forse la vera felicità è stare soli senza più necessità, nessun legame o fobia, gradi di esclusività (...) Forse la vostra socialità è solo un porto per chi si è piegato già, non c'è simpatia, non c'è interesse o pietà, si ascolta per cortesia, soltanto formalità". I ritornelli però svelano che questa voluta solitudine cela la nostalgia di un vecchio rapporto: "Sogno di noi tanti anni fa". Si continua a sognare ottimisticamente con "Jules Verne", canzone ispirata all'autore, fra gli altri, de "Il giro del mondo in ottanta giorni": "Una scelta senza gravità ci vedrà più leggeri, aggrappati, abbracciati a palloni aerostatici (...) ci attendono giorni radiosi e innocenti". "Le regole della resa incondizionata" parla soprattutto di buoni auspici, trascinati dalla trascinata chitarra distorta trascinante: sì, è il pezzo più strascicato e malinconico. Poi arriva la titletrack, e questo "Manifesto della chimica romantica", a sorpresa, è uno strumentale, che ci lascia nei nostri pensieri, tra glockenspiel, riverberi di chitarra e pianoforte, e verso la seconda metà una forte botta sostenuta dal basso effettato. In "Senza macchie" tornano parole luccicanti: "Ascolta l'inverno che passa tra i capelli e lascia un manto splendente che avvolge la tua pelle sfavillante". La voce canta come una ninna nanna sopra questo tappeto costante e dolce. Si conclude viaggiando con "I treni e le scie", dove si sogna di scappare in una grande città che ci capisca di più, per poi scoprire di non essere fatti per le grandi città. Si conclude col concetto di partenza, dell'eterno errare dell'eroe romantico. Interessante la ritmica della batteria stile Mogwai. Davvero un esordio gustoso, questo dei Malmӧ, di cui tenere sott'occhio i possibili sviluppi. (Gilberto Ongaro)