ERLEND APNESETH TRIO "Åra"
(2017 )
Il trio d'archi postmoderno capitanato da Erlend Apneseth, che si considera una sorta di supergruppo nella scena norvegese, pubblica "Åra" (per Hubro Records), un album costituito essenzialmente da esperimenti improvvisativi. Armati di percussioni ed elettronica scarna, chitarra baritona e Hardanger fiddle (viola tradizionale norvegese), i tre giocano letteralmente con le potenzialità dei propri strumenti e di quelli degli ospiti. "Lysne" è il brano che esemplifica al meglio il loro modus operandi: esplorazione della musica in diretta, nel momento stesso dell'incisione, e quindi quasi totalmente musiche create in un solo take. E' peculiare questo brano in quanto l'unico con una voce che parla, che appartiene allo stesso Erlend, il quale l'ha registrata tenendo in braccio un bimbo (che a fine traccia si lamenta). Nonostante il tono piuttosto convinto e tutt'altro che dolce, la ripetizione di alcune sillabe con la ricerca di allitterazioni, fa pensare ad una filastrocca o a una ninna nanna. Buona la prima; questo denota la sicurezza del trio; la maggior parte dei pezzi induce all'ipnosi o comunque a dilatare il tempo (specie l'evocativa "Tundra"), l'aspetto sul quale si concentra l'attenzione da parte dei musicisti è il suono, il timbro. Questo porta all'utilizzo di strumenti etnici provenienti da tutto il mondo, ma questo non fa dei loro brani una world music, è assente la retorica gabrielliana. "Utferd", il pezzo d'apertura, ospita un salterio, con le sue caratteristiche note pizzicate antesignane del clavicembalo; qui lo strumento storico viene utilizzato in funzione ipnotica, reiterando le stesse tre note, mentre viola e percussioni improvvisano sia in maniera acustica che giocando con l'elettronica (soprattutto nell'aspetto effettistico e di reverse). Altro strumento etnico che compare è il koto in "Sakura". Anche qui l'atmosfera è sospesa, ma ancor di più in "Stryk", un brano formato da sibili e da un crescendo strofinato degli archi. Ogni minimo avvenimento diventa un evento, anche solo lo sfregolio accidentale delle corde sulla chitarra. In "Oyster" ("conchiglia") chitarra baritona e Hardanger fiddle suonano all'unisono, pertanto questa traccia è difficile da credere che sia improvvisata. "Undergrunn" è invece un'improvvisazione di stampo più "classico", dove gli strumenti non fanno uso di elettronica, e suonano indugiando su armonie di quarta; gli impulsi che si avvertono alla fine sono creati dagli strumenti stessi che "imitano la techno". Altro titolo da sottolineare è "Saga", dove compare un assolo di... sega musicale. La sega è una vera e propria sega da falegname, il cui esito sonoro è davvero emozionante, crea un fischio che ricorda quello del theremin. Ironicamente, a fine del brano il trio decide di inserire, a fianco alla sega musicale, il rumore di una sega normale, intenta a tagliar legna. Un disco al contempo rilassante e giocoso, col quale il trio si diverte, sperando di dar piacere anche all'ascoltatore che non ha pretese esoteriche nella musica ambient. (Gilberto Ongaro)