recensioni dischi
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IRMLER & OESTERHELT  "Die gesänge des maldoror"
   (2017 )

Per capire cosa stiamo ascoltando, quando affrontiamo "Die Gesänge des Maldoror", la seconda collaborazione tra i compositori H.J. Irmler e C.F. Oesterhelt (appena uscita per Klangbad 75 Records), dobbiamo tenere a mente prima di tutto che non c'è niente da capire, razionalmente. L'ispirazione principale per questo lavoro è in ambito surrealista, per cui bisogna immergersi dentro quel filone artistico anarchico delle Avanguardie di inizio Novecento. Il nome dell'album omaggia chiaramente il poema "I canti di Maldoror", pubblicato nel 1869 dal Conte di Lautreàmont, nel quale Maldoror è un uomo che si ribella a Dio, uccidendolo, ma che non trova pace dopo averlo fatto. Tale poema è considerato anticipatore del surrealismo, anche André Breton lo considera un'influenza determinante per il proprio movimento. Da lì proviene la celebre affermazione per la quale c'è bellezza in una macchina da cucire che si incontra con un ombrello sopra un tavolo di dissezione anatomica. E come i surrealisti amavano la tecnica del collage, queste composizioni sono dei collage. Gli avvenimenti sono accostati in maniera orizzontale, senza soluzione di continuità, senza refrain, senza orientamento. Le tracce sono sei e si chiamano, in tedesco, Prima canzone, Seconda canzone ecc. La prima, "Erster Gesang", mette in guardia fin dalla prima (dis)armonia orchestrale ascoltata. Armonie con un andamento da colonna sonora per film muto drammatico, anticipano una corsa dissonante, su ritmica ansiogena in sedicesimi. A 4'38'' la musica sembra ambientare un cantiere di lavoro, ricorda una delle colonne sonore utilizzate per musicare "L'uomo con la macchina da presa" di Vertov. Uno dei pezzi del collage, affiancato all'orchestra, è l'improvvisazione aleatoria dei sintetizzatori analogici, eseguita a un certo punto su battiti in 15/16. "Zweiter Gesang" è un 6/8 con batteria e pianoforte in primo piano. L'impossibilità di cercare un riferimento stabile, dal punto di vista della logica musicale, costringe a cercare esempi nel cinema muto, del quale può essere una valida sonorizzazione. Come particolarità rispetto agli altri capitoli, "Dritter Gesang" contiene un coro che si rifà allo stile gospel, che insiste sulla settima minore dell'armonia, sul quale prima capeggia una voce sussurrata, e poi parla direttamente Irmler. All'orchestra, a volte tonale a volte no, si alternano suoni synth cristallini, in reverse. Il brano finisce incantandosi come un disco rotto. "Vierter Gesang" fa apprezzare i giochi con il Ring Modulator e il Moog, anche se la lunga coda è affidata a un giro lento e ipnotico di batteria, con un pedale armonico di pianoforte. "Funfter Gesang" è introdotta da note discendenti su scala minore armonica, suonate da un organo da cappella, che sfumando lasciano imporsi i fiati (corno e flicorno) che intonano note cupe e omoritmiche; poi ancora elettronica anarchica e conclusione con gli archi stavolta tonali per la maggior parte del tempo. "Sechster Gesang", ultimo capitolo, nonostante contenga un delirante valzer orchestrale, è costituito per la maggior parte dalle modulazioni ad anello ed elettronica. Repetita iuvant: per capire le intenzioni del duo, basta abbandonare la logica razionale, e guardare il capolavoro del cinema dada: "Entr'Acte" di René Claire (1924). (Gilberto Ongaro)