recensioni dischi
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ORCHARD  "Serendipity"
   (2017 )

Stéphane Grégoire, direttore artistico della label "Ici D'Alleure", ha deciso di chiamare alcuni artisti che pubblicano per la sua etichetta, e riunirli per il suo sogno personale. Ha così chiamato quattro musicisti molto distanti fra loro come genere, per ottenere delle lunghe improvvisazioni ambient rock, racchiuse nell'Lp "Serendipity". 11 tracce che però compongono cinque, diciamo, suite, poiché le prime due sono suddivise in quattro parti. Il viaggio si apre con "A Day Staring At Eternity". Nella parte 1, un suono statico di fondo fa da bordone a vari sibili e fischi, e note lunghe quasi come drones ottenute dalla viola di Chapelier Fou, uno degli artisti chiamati da Grégoire. Una distorsione ci porta alla seconda parte, dove ci ipnotizza un loop melodico dal suono cristallino, stile ''Mercy Street'' di Peter Gabriel; intervengono batteria e basso che creano una ritmica costante come quelle dei Mogwai. Il suono cristallino è timidamente affiancato dal clarinetto. La parte centrale del terzo capitolo è costituito da un drone "concavo", dove il batterista con le spazzole sembra imitare il galoppo di un cavallo. La quarta parte è introdotta da un timpano d'orchestra, e compaiono improvvisazioni su note sostenute per molto tempo, il cui sound riecheggia "Another Green World" di Brian Eno. La coda è un ventoso feedback. Il secondo viaggio, "Drawn with the wind", lascia più spazio ai fiati, specie al clarinetto, che nella prima parte, scandita da un ritmo tribale, improvvisa assieme alla viola con esiti suggestivi. Clarinetto e viola continuano a cercarsi e ritrovarsi nella seconda parte, mentre nella terza, la batteria tiene un tempo moderato sul quale suoni di chitarra rimbalzano con il delay; e si chiude col quarto capitolo, dove la ritmica comprende anche suoni elettronici, e si entra in una sorta di chill out geneticamente modificato. Il terzo viaggio, "After all the sun is awakening", è costituito da una traccia sola, di venti minuti. E' il pezzo più statico di tutti, dove la viola glissa lentamente e di pochi semitoni attorno ad alcune note. "We host you" e "Fructifiction" sono brani dalla durata più tradizionale. Il primo, basato su un inciso di basso e un pattern melodico ossessivo di clarinetto, prosegue in un ritmo regolare e con un'intensità media ma una tensione crescente creata da note stridenti, che alla fine prendono il sopravvento moltiplicandosi e creando uno stormo noise di uccelli impazziti. Nel secondo, gli strumenti ritornano riconoscibili, e si costruisce un trip abbastanza rassomigliante ad altri più noti, con l'aggiunta però della viola suonata su note ripetute in maniera vivace come fosse un arrangiamento di Vivaldi. Questo, all'interno di una musica ipnotica, rende il tutto più interessante e lega la fantasia elettronica alla natura. I suoni provenienti da realtà diverse creano contrasti cromatici diversi, come tanti frutti squisiti diversi. Ecco forse perché il quartetto ha deciso di chiamarsi "Orchard", frutteto. (Gilberto Ongaro)