THE GHIBERTINS "The less I know the better "
(2017 )
Traendo ispirazione da una canzone dei Manic Street Preachers, “If You Tolerate This Then Your Children Will Be Next”, The Ghibertines cercano di spazzare via, nuovamente, una certa tradizione rock tradizionale e puntano tutto sull’energia e la capacità di rimodulare elementi classici in vorticose rincorse elettriche.
“The Less I Know The Better” parte alla grande con “Madness”, una tempesta di divertimento e di aggressività. Una ballata in stile Americana, con sonorità a metà via tra Nickelback e Soundgarden, colpisce subito per la semplicità melodica che le permette di essere cantata sin dal primo ascolto. Assoli leggeri di elettrica, un basso tosto e potente, una voce roca quanto basta per rimandare ai bellissimi Anni Novanta del grunge e del garage. Si veda ancora, ad esempio, la struggente ballata “Carnival”, sempre memore di un certo gusto ‘90s, ma riempita anche da un andamento pienamente Duemila. L’obiettivo polemico del gruppo è il disinteresse della gente per il mondo intorno a sé, la paura di conoscerlo, il timore di dover fare i conti con esso; le interpretazioni vocali così misurate e piene di Alessio Hofmann sono il portavoce ideale di tali idee.
Le chitarre leggere e pizzicate scaldano i ritmi proprio per rispondere alla freddezza con cui la gente oggi vive, alienata da tutto, egoista e avara di emozioni. “Breathe for Me” e “I’m War” sono altre “armi pacifiche” con cui la band trasmette questo messaggio di speranza e unione. La voce dura si scontra con le chitarre acustiche spagnoleggianti; l’atmosfera è tesa ma gioiosa. La prima parte del disco vede anche una splendida ballata pianistica, “Let ‘Em Dance”, che vira verso un rock alternative sentimentale, e la super melodica “The Less I Know The Better”, altra freccia polemica contro l’indifferenza e la paura di accettare il mondo intorno a noi. Ancora molto melodica e ritmata è “In My Hands (A Pop Song)”, l’episodio più Americana del disco, mentre “No Way” è un grido di unione e vicinanza, dove voce, percussioni e strumenti si fondono in un’unica sinfonia. “Facing a Loaded Gun” e “Where Are We Now” sono per certi versi una summa del disco: la prima è una ballata-sfogo melodica, dura, sincera; l’altra una richiesta di spiegazioni, una preghiera a mani unite, dolce e umile. La conclusione spetta a “There’s No Doubt About It”, un folk di una schiettezza devastante, che vede un’interpretazione vocale davvero perfetta. I Ghilbertins sanno emozionare senza pretendere di essere innovativi o rivoluzionari, ma semplicemente assorbendo al meglio le tante fonti di ispirazione e unendole insieme in un patchwork mai ripetitivo e sempre stimolante.
(Samuele Conficoni)