recensioni dischi
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UNREAL CITY  "Frammenti notturni"
   (2017 )

“Buon Prog Non Mente”: è questo il sunto del nuovo interessante lavoro della Prog Rock Band degli Unreal City nel terzo capitolo della loro carriera. “Frammenti Notturni” (appena uscito per AMS Records), nelle sue cinque tracce, ricalca il solco delle band progressive che hanno fatto la storia del genere: Premiata Forneria Marconi, Banco Del Mutuo Soccorso, Osanna, Gentle Giant, Orme, Genesis (e tante altre da rendere impossibile citarle tutte) ma con sonorità più moderne. Uno stile di nicchia ma mai demodé, che affonda un piede nel passato (pochi brani e lunghe suite strumentali) e un piede che prende lo slancio verso il futuro (strizzando l’occhio alle sonorità più dure del metal prog). Il risultato è un disco che tutti gli appassionati del rock progressive non possono non avere, non ascoltare e non inserire nella propria discografia personale. Ema Tarasconi (Tastiere e Voce), Francesca Zanetta (Chitarra), Dario Pessina (Basso), Marco Garbin (Batteria) si imbattono in tempi e controtempi, suoni nevrotici e una costante variabilità ritmica già a partire dai tredici minuti dell’opening track, “La Festa In Maschera”, che si divide in cinque sezioni (a – ''Désir'', b – ''Exitacion'', c – ''Plateau'', d – ''Orgasme'' ed e – ''Résolution''). Atmosfere cupe generano un senso di inquietudine, mitigata a tratti dal violino (suonato da Matteo Bertani) che entra con delicatezza nei momenti di stasi e fa da intro all’alternanza delle voci di Ema e di Camilla Pozzi (collaboratrice nella realizzazione del lavoro). “Le Luci Delle Case (Spente)”, con i suoi undici minuti densi di pathos, suona dapprima cupa per poi aprirsi alla leggerezza ed alla spensieratezza della chitarra e del violino, che suona allegramente con l’ottimo supporto di basso, tastiere e batteria. Imprevedibilità ritmica e sonora sono gli ingredienti che, messi insieme, compongono un brano vibrante, che dà spazio alla voce solo dopo quasi cinque minuti dal suo inizio e domina la scena per tre minuti: voce che ritorna prepotentemente sul finale dopo un’altra sezione strumentale ricca di fraseggi tra piano, basso, batteria e chitarra. Un inizio floydiano caratterizza invece “Barricate”, il brano più breve del disco (poco meno di sei minuti), che recupera inizialmente la “forma-canzone” a scapito della sezione strumentale ma non devia dal solco scavato dal progressive, mentre ne “Il Nido Delle Succubi” i tempi tornano a allungarsi sfiorando quasi i dieci minuti. In questa quarta traccia l’inizio è nervoso tra fraseggi di chitarra e batteria, ma ci pensano le tastiere a portare le sonorità ad una dimensione più lineare e condurre l’ascoltatore diritto verso la sezione cantata. L’ottima sintonia della band permette di passare con estrema facilità e versatilità, all’interno di questo brano, da atmosfere calme e rilassanti a momenti di agitazione e tensione emotiva, con il solo di chitarra finale in grado di scrollarsi di dosso tutto e ripartire verso l’ultima traccia. “Arrivi All’Aurora” si apre con piano e voce che fanno da intro all’ingresso discreto di basso, batteria e chitarra in quello che è il brano più lineare dell’intero lavoro. Qui non c’è spazio per l’instabilità sonora delle tracce precedenti, non ci sono tensioni che tengono in bilico l’ascoltatore tra la leggerezza e l’inquietudine, ma c’è un pathos crescente che si snoda tra la chitarra e le tastiere egregiamente supportate da basso e batteria. Si chiude così un ottimo disco progressive… Quel prog di cui c’è tanto bisogno quando si pensa alla musica di una certa qualità. Chi non digerisce il prog, etichettando come polpettoni indigesti la lunghezza delle suite e dei brani, non di certo potrà apprezzare dischi del genere. Del resto si sa! Il progressive nasce come rottura dalla musica standardizzata e dalle canzonette: si sviluppa come un genere di nicchia e, a dispetto delle sue evoluzioni, a distanza di quarant’anni dalla sua nascita tale rimane. Il lavoro degli Unreal City (a modesto parere di chi scrive) costituisce un importante contributo alla storia di un genere che conserva intatto il suo fascino pur vestendosi di nuove sonorità. Ed ora non rimane che godersi un disco ben suonato con la passione di chi sa apprezzare ciò che non è per tutti! (Angelo Torre)