NICO GULINO "Meglio morir d’amore"
(2017 )
Nico Gulino è catanese con un trascorso di tre lustri di varia vita artistica, collezionando discreti premi e raccogliendo indiscussa stima, ma solo ora giunge al fatidico debutto con 9 pezzi che colano di raffinatezza e discrezione narrativa: quella che si gode negli ascolti dei rari momenti di relax. “Meglio morir d’amore” non è una frase fatta, retorica o demagogica, semmai è un velato suggerimento ludico: se potessimo scegliere il nostro epilogo, perché non scegliere quello dell’amore? La dolcezza pacata di Nico è delicata e sussurrante e ciò si riscontra non solo nella opener “A volte gli occhi”, ma vale anche per “Ogni tanto” e per la finale ”La tua poesia”. E poi, nell’album “La musica non passa” di certo inosservata e neanche inflazionata: delizioso swing con tromba in sordina dal gusto piacevolmente retrò. Invece, la title-track ha sapore tangueiro che ammicca con garbo alla celebre “Messico e nuvole”, mentre “Il mondo fuori” è brano vivace e ska-nzonato che ammalia a primo impatto. Ecco qual è la forza di Nico: saper raccontare con equilibrio senza tracimare fiumi verbali, spaziando con esperienza nei giusti toni. Ci fornisce la riprova con “Vida”, brillantemente jazzy con velate percussioni esotiche (chiaro retaggio del suo impegno decennale verso i balli caraibici) e con “L’egocentrista”, probabile auto-ritratto che racchiude il taglio frizzante di Caputo e l’irriverenza ironica di Silvestri: direi geniale! A conclusione c’è “Nulla si muove”, che veste connotati di tango noir e ci catapulta sùbito in atmosfere di tabarin parigini. In sostanza: quanto rumore contiene il silenzio dell’anima? E quanti risvolti ha l’amore, con le sue immersioni e le sue fughe? Il fulcro di questi interrogativi è tracciabile in “Meglio morir d’amore”, e Nico Gulino ha provato, con discrezione e profonda ispezione, a fornire umili risposte. O meglio: a suggerire preziosi indizi, qua e là, per tentare di assemblare altre tessere nell’irrisolvibile puzzle dell’amore. (Max Casali)