BLUE CASH "When she will come"
(2017 )
Il secondo disco del quartetto friulano Blue Cash, formato da Andrea Faidutti, Alan Malusà Magno, Marzio Tomada e Alessandro Mansutti, è un concentrato in pillole di country-folk dai sapori Americana e sudisti, con ritmi coinvolgenti che rimandano a Johnny Cash – richiamato nel nome della band, fonte di ispirazione principale di tutta la loro produzione – e ai Wilco. La melodia non è mai in secondo piano, ma a essere centrale è appunto il beat.
Una voce impastata e roca, tenebrosa ma dolce al tempo stesso, che si fonde perfettamente con chitarre sabbiose e violente, il tutto condito anche da un’atmosfera rodeo che unisce rockabilly a country. Le perle di ingresso, “The End” e “Junkie Man”, raccontano la storia di una band che vuole divertirsi e che sa benissimo quali sono i propri obiettivi. L’intesa tra i membri del gruppo è cementificata da idee chiare e tanta voglia di fare, oltre che da qualità singole evidentemente più che buone. Il sapore desertico e ballabile di ciascuna canzone non tradisce però un fine secondario altrettanto importante: un atto d’amore verso Cash e tutto il movimento country statunitense, effettuato grazie a una conoscenza del genere profonda ed enciclopedica. I Blue Cash suonano per spassarsela e per dire al proprio pubblico una cosa come: “Ci divertiamo, prima di tutto, ma con cuore e intelligenza”. E per questo il disco è così godibile e qualitativamente valido. Esperimenti come “Do It for Nothing” e “Stay with Me” non si spiegherebbero se non attraverso un tuffo attento e meditato nella storia della musica americana, grazie a un’analisi mai banale e mai scontata. La voce è sempre in evidenza; sa variare timbro e tono, sa essere concisa e meditativa, sa essere diretta e selvaggia. Le chitarre e le percussioni la spronano a volte, altre volte la piegano, ma senza spezzarla mai.
Altri esperimenti come “King of Nothing” portano su altre strade: qui intravvediamo la Britannia di Smiths e Morrissey, per un brano che sembra uscito dal disco “Meat Is Murder”, anno 1985, ma in mezzo ci sono anche parentesi progressive à la King Crimson; la batteria diventa per alcuni tratti la vera protagonista del pezzo. “Jenny Doin’ the Rock” è un combat folk di stampo folkloristico, e anche qui il testo è in inglese. Ricorda qualche esperimento dei Clash di “Sandinista”, e alcuni splendidi brani da quel capolavoro dei Pogues che è “Rum, Sodomy & Lush”. La title track “When She Will Come” è un omaggio all’Elvis crooner che vive dentro di loro – e infatti i Blue Cash, oltre al “man in black”, si ispirano tantissimo a Elvis, Stones e Beatles. A Elvis qui uniscono una melodia simile a quella di “Lady Jane” di Jagger e soci, e anche a brani dei Floyd di “Piper at the Gates of Dawn”. Un mix sicuramente molto originale, persino bizzarro, ma il cui risultato è estremamente interessante ed efficace. La chiusura del disco, dopo l’outro, è affidata a un potente strumentale di sfogo e divertimento, intitolato curiosamente “Maledetti Cash”. Maledetti o benedetti che siano, ci piacciono e ci intrigano, e speriamo si infilino presto ancora una volta in uno studio di registrazione... Attendiamo già ora il loro prossimo lavoro.
(Samuele Conficoni)