recensioni dischi
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FUMONERO  "Dentro"
   (2017 )

Strano affare i Fumonero, quintetto genovese al secondo album dopo l’esordio di “Note Ruvide” datato 2014. Concept incentrato, nelle stesse parole della band, sul tema della prigionia latu sensu, “Dentro” propone dieci tracce originali ed una cover (“Tutti I Miei Sbagli” dei Subsonica, riletta in una intrigante versione elettrica), declinate con piglio resistente e scoperto antagonismo in una sacca di musica spinosa e di sovraccarica espressività. Aspro ed incattivito, rigonfio di chitarrismo nervoso e di una vocalità aggressiva e frontale, “Dentro” difetta forse di un’impronta definita, di una identità che ne sancisca l’unicità e ne decreti lo specifico peso e valore, ma non manca di slancio né di perfida vigoria, come testimoniano sia la veemente doppietta d’apertura (“Marzo”, “7 Ragioni Per Non Credere”), sia l’impasto math di una spinosa “Carnivale” arrovellata su tessiture tetre e dissonanti à la Korn. Chiude su un registro staccato “Cella 52”, flirta addirittura con echi metal “Somebody To Love”, indugia su accenti di elettronica feroce fra Nine Inch Nails e Rammstein la bordata di “Quello Che Ho”, vira tra Linea 77 e i Timoria degli esordi una “Ruggine” impreziosita da un chorus sontuoso. Sorprende la ballad di “Così Vero”, talmente pulita in tutto (canto, arrangiamento, testo) da sembrare perfino troppo accomodante, ma ci pensano i sette minuti della conclusiva “Notti Ruvide (nell’immensità)” a spiazzare: cinque minuti di blues e due di coda spettrale per coro infantile, rintocchi di pianoforte e piccoli rumori di fondo, epitaffio straniante che lascia con più di un incombente interrogativo circa la reale cifra stilistica di una band che appare a tratti indecisa, benché capace di tutto. Interessante la loro capacità di condurre i brani altrove rispetto all’idea di partenza; allettante l’intuito che mostrano nella stesura dei ritornelli (aspetto che stride rispetto all’impostazione generale); infine, decisamente attraente il suono sviluppato negli episodi più riflessivi, come la lenta cadenza amara di “Piove”, chiusa anch’essa su un tema avulso ed indicativa di una facilità di scrittura meritevole di approfondimento. (Manuel Maverna)