recensioni dischi
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PERVERSITY  "Idolatry"
   (2017 )

A tre anni da “Infamy Divine” sono tornati i Perversity, storica band death metal slovacca attiva da oltre vent’anni. “Idolatry” è il settimo disco della carriera del quintetto e ricalca un po’ il sound di artisti come Immolation, Deicide e Incarnation. “Idolatry” è caratterizzato da un maggiore lavoro delle due chitarre che creano sempre atmosfere dense e impenetrabili, mentre Svar, alla batteria, picchia senza soluzione di continuità e il basso disegna lo scheletro dei pezzi. Sin dall'iniziale “Backmoon Offerings” il canovaccio è chiaro: il sound, se possibile, s’irrobustisce ancora rispetto al passato, vengono edificati muri sonori di cemento armato e il cantato, quasi tutto in scream e growl, non fa altro che sposare la causa del death metal. I pezzi sono abbastanza brevi e il disco supera di poco la mezz’ora di durata. Fra i dieci episodi, uno dei migliori è “Bloodletting Covenance”, capace di viaggiare a velocità mostruose e di restituire l’idea di violenza tipica del genere. Se “Altar Of The Swine” è impreziosito da un assolo breve e distorto, in “Ibex Cult Orgy” è la batteria ad essere sugli scudi. “Womb Of Aborrence” suggella il disco con assoli, ritmo martellante e tantissimo growl. È un gradito ritorno quello dei Perversity, capaci di interpretare il death come pochi in Europa. Il disco, comunque, difficilmente andrà oltre la nicchia degli appassionati di un genere così estremo. (Piergiuseppe Lippolis)