recensioni dischi
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ADRIANA POLO  "Mani"
   (2017 )

Da Lecce arriva al suo esordio discografico Adriana Polo con “Mani”, lavoro che, in nove tracce, raccoglie emozioni frutto delle esperienze personali vissute. Un disco che parla della storia dell’autrice, sapientemente raccontata da una voce melodica e da sonorità acustiche jazzate che prendono l’ascoltatore per mano e lo conducono in una coinvolgente dimensione intima e personale. “Per Grazia Ricevuta” è l’opening track che dolcemente apre lo scrigno dei ricordi di Adriana: un brano “fisico” che parla di occhi che guardano, mani che toccano fianchi, capelli da accarezzare, labbra che baciano, con grande intensità emotiva. La title track conserva la fisicità e la musicalità del brano d’apertura: semplici gesti delle mani che diventano poesia nel pizzicare le corde che danno vita ad un “valzer saltellante”, nello sfogliare le pagine di un libro e nel raccogliere sogni dagli occhi tenendoli separati dalle lacrime. “Pizzicati”, con le sue sonorità malinconiche che si fondono alla taranta, fa respirare profumi di una natura incontaminata fatta di “papaveri e margherite”, “fiori di mandorle e mirto selvatico e rosa canina”. Un viaggio in quel Sud Italia fatto di ulivi ed edere rampicanti, rosmarino e menta, raccontato in dialetto salentino (terra d’origine della nostra autrice). Dialetto che si impadronisce di “Aquilone ‘mpisu” con la voce che dolcemente fa svolazzare l’ascoltatore in aria, facendolo fluttuare appeso ad un filo di sonorità mediterranee in balia del vento, mentre “Non Luogo Di Passaggio”, con le sue sonorità più vivaci, affronta il tema del viaggio e del cambiamento che esso comporta. Adriana Polo da Lecce si trasferisce a Bologna e poi a San Francisco, per ritornare successivamente alla sua terra d’origine: cambiamenti di luoghi che son diventati cambiamenti di abitudini, stili di vita, linguaggi, emozioni. Un luogo nuovo è un luogo di scoperta ma anche di smarrimento, di malinconia di fronte a ciò che si è lasciato con la partenza. E’ il turbine emotivo che anima chiunque parte separandosi dalle proprie radici e si riflette non solo nella musica (l’armonica a bocca), nel testo (“crogiuolo di culture, bianchi, gialli, neri e tanti messicani… Indiani, russi ebrei, sono pochi i nativi americani”) ma anche nel linguaggio usato (italiano, dialetto e inglese); un melting pot che disorienta e fa sentire estraneo in ogni contesto ma allo stesso tempo fa sentire cittadino del mondo. “Capriole Nel Cuore” è un addio ad un affetto da cui ci si deve separare a causa di circostanze che nella vita portano sempre a scelte dolorose (“non è facile trovare le parole, quando il cuore gira a vuoto e fa capriole”). Un brano che finisce all’improvviso come un amore finito troppo presto e che lascia l’amaro in bocca. Il racconto di sé prosegue con “Bologna”, raggiunta da Lecce in treno, guardando dal finestrino i paesaggi in movimento, tante olive e foglie al vento: “un altro viaggio, tanti percorsi”, “cambian le prospettive ma sembra di cambiare occhi”. Un viaggio che porta con sé “istinto, amore, rabbia e frustrazione”, sentimenti che “son mischiati tutti insieme in un frullato senza nome”. Terra nuova “Bologna” con nuovi amici e scoperta di nuovi sapori che prendono il posto (ma non fanno mai scordare) di ciò che si è lasciato alle spalle. Un velo di malinconia riaffiora pensando al passato, alle corse in bici, al vento, alla spensieratezza degli anni vissuti tra i libri, ma il presente riporta alla realtà dei colli bolognesi tra salite e discese verso una nuova spensieratezza. Quel vento che a Lecce spingeva la bici dandole velocità, oggi asciuga il sudore e ricorda che il “coraggio nella vita è il mio motore”. “Veste Ianca” e “Salentu Senza Tempu” riportano l’ascoltatore in quella terra salentina, densa di contraddizioni e di fascino, laddove risiede la vera natura delle emozioni di Adriana. Le sonorità malinconiche di “Veste Ianca” conducono al jazz acustico dell’ultima traccia, spensierata e sbarazzina a chiusura di un lavoro intimo, personale e in cui Adriana ha messo a nudo sé stessa senza filtri. Laura Francaviglia (chitarra, basso e arrangiamenti) e Stefania Polo (cori e autrice del testo “Veste Ianca”) hanno accompagnato la coraggiosa Adriana Polo verso l’esordio discografico caratterizzato da un lavoro personale in cui è possibile trovare tracce di sé stessi, del proprio passato e delle proprie indelebili emozioni. Un cantautorato di qualità è ciò che l’artista salentina è riuscita a realizzare mettendo anima e cuore in un lavoro che merita di essere ascoltato con grande attenzione. (Angelo Torre)