STARSICK SYSTEM "Lies, hopes & other stories"
(2017 )
Mi piace ogni tanto abbassare un po’ la guardia e, semplicemente, godermi un disco per quello che è, senza per forza andare a scovare col lanternino metasignificati, preziosismi, citazioni nascoste e rimandi cervellotici. Ben venga allora un album come “Lies, Hopes & Other Stories”, pubblicato dalla label tedesca Pride & Joy Music e secondo lavoro – dopo il buon debutto di “Daydreamin’” (2015) - per i friulani Starsick System, nome emergente in aria di promozione nel giro grosso internazionale.
Ben scritto (dal batterista Ivan Moni Bidin per le musiche e dalla bassista Valeria Battain per i testi) ed altrettanto ben prodotto (sempre da Ivan), arricchito da una personale rilettura dei crismi metal e hard-rock e corroborato da una superlativa cura nei suoni, “Lies, Hopes & Other Stories” martella impietoso e indefesso per undici tracce in cui il quartetto si destreggia con la solida padronanza e la composta spavalderia dei veterani. Non scopre l’acqua calda, ma imbastisce un lavoro squadrato e granitico che appaga e coinvolge. Dalla titanica intro wagneriana di “Nebulous” che apre l’album nasce il riff tetro di una “I Am The Hurricane” che rasenta la perfezione formale: pare di ascoltare i primi Europe, con accenni di doppio pedale e non una nota fuori posto. Incastri, assolo, chorus, ancora riff. E il canto di Marco Sandron che trita tutto: limpido, stentoreo. Non cattivo, né aspro o minaccioso. Potente, esperto.
Parte veloce come una mitragliata à la Motorhead “Bulletproof”, caracolla addirittura in zona primo Bon Jovi – e non è un male – “Sinner” col suo incedere prepotente, ammorbidiscono l’atmosfera sia “The Promise” che “Scars”, ampia e corale con piccoli accenti da Alice In Chains. Mai confinati al metal tout curt, i quattro flirtano sornioni con l’arpeggio da folk-ballad di “Everything And More”, si infilano nell’ingorgo percussivo di una “Come One, Come All” che sfiora lande Aerosmith, dilagano nella veemente corsa à la Billy Idol (sic!) di “Perfect Lie” prima di chiudere su una mestosa cover di “You Know My Name” di Chris Cornell. Disco che eleva la semplicità a canone e pregio, “Lies, Hopes & Other Stories” offre del metal una versione insospettabilmente pulita e levigata, senza per questo rinunciare a quella cieca virulenza che – in fondo – tutti cerchiamo, tra quiete e furia. Sembra facile. (Manuel Maverna)