recensioni dischi
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INTERPRETI VARI  "Monika Werkstatt"
   (2017 )

Elettronica senza barriere e senza definizioni esaustive: questa è la premessa necessaria per discutere di questo doppio vinile uscito sotto il nome di Monika Werkstatt, che è in realtà il nome della casa di produzione di Gudrun Gut, la musicista elettronica ed attivista femminista che sta a capo del progetto. Gut ha chiamato accanto a sé altre nove artiste, tutte donne, lasciando a ciascuna di esse piena libertà espressiva, creando un vero e proprio collettivo di lavoro, pertanto non ci si può aspettare un lavoro unidirezionale né forzatamente coerente, se non appunto nelle intenzioni anarcoidi delle artiste. Le influenze sono molteplici, c'è il dub della "padrona di casa" in "Repetition", ci sono gli sperimentalismi noise di Lucrecia Dalt in "Blindholes", l'aggressività acid house in "M.B.T." di Beate Bartel, che poi però si dimostra più ambientale in "Feuerland", mentre Sonae si rivela la più inafferrabile, cogliendo lo spirito del collettivo, in "Between two worlds", dove il beat incontra rumori e campionamenti orchestrali assieme, input industrial e voci reverse. Anarchia totale: ogni singola traccia è una sorpresa ed è difficile riuscire a ricordare e ricollocare tutto a fine ascolto. Più che un ascolto classico qui si può parlare di un'esperienza uditiva. Pilocka Krach ci fa una domanda irriverente nel titolo di una delle sue due tracce: "Who's afraid of Justin Bieber?", chi ha paura di Justin Bieber? E i suoni gommosi scelti sono buffi quanto la domanda; però sa essere seria e suggestiva in "Sternhagen". Islaja invece propone una traccia di sospiri campionati piuttosto inquietante dal titolo esplicativo "Sappho's gifts", e sembra abbia una predilezione per gli effetti a bassa definizione (lo-fi), come una sorta di tuono che ricompare nella traccia "Lainaa Lause". Natalie Beridze è l'artista che maggiormente pare creare la sua musica senza struttura chiusa, in un continuo progredire di eventi. "AGF" è la cattiva ragazza del collettivo, che opta per impostare i kick velocissimi come un trapano in più punti in "Ninjaness", e dove i rumori si sommano gradualmente e inesorabilmente. Daniele De Picciotto invece recita testi evocativi pronunciati sottovoce in "Desert Fruit" creando un'atmosfera perturbante. Come dice il testo del primo pezzo "Grow", firmato Barbara Morgenstern: "We will grow for us, we will grow with us". La libertà e l'inafferrabilità di questo progetto è metafora della loro libertà di donne, che cresceranno per loro stesse e con loro stesse, senza bisogno di un riconoscimento ufficiale, dato che la musica elettronica (come tantissimi altri ambiti musicali e non) è ancora predominio maschile. (Gilberto Ongaro)