recensioni dischi
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JO BERGER MYHRE & OLAFUR BJORN OLAFSSON   "The third script"
   (2017 )

Avere uno studio di registrazione situato di fronte al mare, inevitabilmente influenza la creazione della musica, soprattutto se ambient. E "The third script", di Jo Berger Myhre & Olafur Bjorn Olafsson (etichetta Hubro), è un disco che porta con sé ambienti immensi e una sensazione di grande chiarore. L'album contiene quattro tracce, di cui la seconda e la terza durano rispettivamente 14 e 11 minuti circa. Sono due lunghi viaggi in cui ascoltiamo davvero pochi elementi, pochi strumenti, e nonostante questo la noia non arriva mai. Questo perché i drones creati dall'organo Farfisa cambiano di tanto in tanto una nota, e basta quella nell'armonia per avvertire qualcosa come un movimento statico. Il violoncello poi è la presenza parlante, che improvvisa in solitudine alternando lunghi silenzi a parti concitate. Per come suona all'inizio del secondo pezzo, la titletrack "The third script", assomiglia quasi ad uno strumento a fiato. Ogni tanto appaiono delle percussioni strofinate sullo sfondo, ma essenzialmente organo e violoncello sono i protagonisti. Nel terzo brano "Orifice" le percussioni sono più presenti e determinanti, ci sono la batteria e dei rumori elettronici. Il pezzo d'apertura "1000%" è l'unico composto, gli altri sono improvvisati, eppure anche questo non sfigura, con i suoi bassi all'unisono di basso e pianoforte, che diventano una presenza costante ed inquietante. "Ravening" invece lascia il violoncello protagonista ancor più di prima, e descrive i voli aleatori di uno stormo di corvi che i musicisti asseriscono d'aver visto durante una pausa al mare. Questo lavoro è interessante per meditare e/o per rilassarsi e stimola l'immaginazione. (Gilberto Ongaro)