recensioni dischi
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JOANNE POLLOCK  "Stranger"
   (2017 )

Dal Canada arriva la proposta della giovane artista Joanne Pollock, al suo esordio discografico con “Stranger” (Timesig Records). Dieci tracce animate da un pop elettronico capace di passare da atmosfere calme e rilassanti a sonorità più introspettive e cupe. L’opening track è “Carnival”, introdotta da suoni distorti e da una “voce sporcata” che diventa man mano più chiara e vibrante ed è sostenuta da percussioni “carnevalesche”, con tastiere e sintetizzatori, che creano un’atmosfera rarefatta in quello che è il brano più lungo di tutto il lavoro. Un clima più intimo fa da sfondo invece a “Melt Myself”, attraverso la voce sostenuta da cori discreti che si fondono con i sintetizzatori, mentre cupe sonorità, avvolte da mistero e inquietudine, prendono il sopravvento in “You Know I Would Do Anything”, con richiami al synth pop anni ’80. Ammalianti vocalismi con elevate estensioni e l’ottima intesa tra synth e batteria elettronica sono l’elemento principale di “Never Been You”, brano in cui si interrompe la staticità che contraddistingue i brani precedenti. Un timido accenno di chitarra elettrica e i sintetizzatori fanno da intro a “Expect Me”, in cui si ritorna ad un’atmosfera rarefatta, mentre nella title track colpisce il contrasto tra l’inquietudine trasmessa dai synth e la pacatezza della voce che risulta a tratti chiara e vicina e a tratti eterea e lontana. “Myself Apart” riporta tutto ad un clima più disteso e raccolto ma che, a tratti, diventa frenesia, grazie alla dirompente drum machine. Con “Scratching”, “Jealous Mind” e “You’Re Gone”, con la loro rigidità sia vocale sia negli arrangiamenti, si chiude un lavoro la cui unica pecca è probabilmente una staticità sonora con rari sussulti emotivi. La voce di Joanne Pollock appare convincente e in grado di raggiungere una notevole estensione, ma crea un lavoro che, ascoltato nella sua interezza, potrebbe risultare monotono per i non cultori di un synth pop sui generis. Apprezzabile il tentativo di cimentarsi in un lavoro stilisticamente di nicchia e mai passato realmente di moda, tuttavia “Stranger” è un lavoro molto introspettivo nelle sue sonorità e nei testi, ed il cui apprezzamento richiede più di un ascolto. Non è, insomma, un disco dall’impatto emotivo immediato ma necessita l’immedesimarsi nelle parole di Joanne Pollock: “Cosa succede quando andiamo contro ciò che è dentro di noi? Quando ci spogliamo di tutte le certezze a noi familiari, ci sentiamo come degli estranei nel nostro corpo. E’ attraverso l’abbraccio con l’Estraneo che scopriamo noi stessi? L’Estraneo esplora la molteplicità dell’individualità, cosa ci contraddistingue e dove si trovano i confini”. (Angelo Torre)