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GIW  "Never is always"
   (2017 )

La musica elettronica ha sviluppato degli stilemi che ormai riconosciamo tutti, tra arpeggi velocissimi e drum machine. Il trombettista tedesco Pablo Giw ha provato ad emulare tali tratti distintivi con l'utilizzo sperimentale del proprio strumento, un po' come fanno i cori a cappella e i cantanti in beat box. E così l'album "Never is always" (uscito per la ti-Records), affrontando tematiche filosofiche e politiche, appare come un laboratorio scientifico, dove sono presentati i risultati di otto esperimenti. Spesso ci si dimentica di ascoltare una tromba, tante sono le possibilità nascoste di questo strumento che Giw ci rivela. "Hain" ha una base da drum machine, ma la presenza dell'ottone si intuisce dal fatto che il sedicente "kick" di batteria ha un timbro molto da tubo. Il suono che dovrebbe assomigliare al "z" che rappresenta il charlie di un "tunz tunz", è ottenuto dalla tromba tramite un soffio. Il pezzo d'apertura "Morning Machine" invece propone delle note lunghe e continue, seguendo questa tendenza (ormai esponenziale nei nuovi musicisti) ad approfondire il concetto di drones in tutte le sue capacità espressive. Si fa sentire anche la voce recitata di Giw qui, che è critica nei confronti delle nostre identità digitali, che stanno plasmando irrimediabilmente le nostre coscienze reali: "My new ego made of numers one and zero. (Update of mind [aggiornamento di mente, ndr!])". Il secondo brano, per il concetto musicale che propone, ha una durata un tantino eccessiva (6'24''): "What's outside isn't inside", concetto pronunciato sottovoce, presenta un'unica breve cellula melodica ripetuta senza sosta, variando qua e là gli accenti ma non la sequenza di note, se non dopo due minuti, per poi intonarne una ancora più breve e quindi ripetuta in maniera ancora più ossessiva. Sotto la tromba c'è un arrangiamento percussivo minimale, sempre ottenuto dallo strumento a fiato. Una domanda stupida che si potrebbe fare è: "Non respira mai?". Ovviamente i loop si creano con una loopstation, però l'effetto di continuità è davvero realistico. L'unica pecca è, appunto, che perdurare in questo esperimento per cinque minuti senza modifiche, all'ascolto diventa una gara di resistenza. Al quinto minuto la rapidità della ripetizione finalmente si smorza, raggiungendo un andante che ancora scende di bpm ma mai di intensità. "I saw you / Trouble" è il terzo pezzo e introduce il cantato di Giw, che, con una durata "normale" rende apprezzabile la ritmica simil - trip hop, e la tromba qui genera dei lamenti quasi di voce umana, e l'effetto è molto espressivo, come quelli che sa fare Peter Evans. "Gone" è un'altra reiterazione di brevi cellule musicali, stavolta si tratta di arpeggi di quattro note ascendenti e discendenti, che paiono imitare quelli tradizionalmente ottenuti dai sintetizzatori e accelerati a velocità disumane con gli arpeggiatori. "The golden calf" è un'improvvisazione jazz sopra una base minimal. La voce torna recitante: "Take sand and take dust, a small idea, a lot of lust, merged with blood and mixed with power (...)". L'elettronica vera ora sembra farsi sentire sul serio con "Right endeavour", dove un synth bass tipico della techno viene pompato e distorto, ma non compare mai il kick. Sul basso, le cui distorsioni sono costantemente modificate, si stagliano sospiri e cori. Poi due voci sospiranti ci recitano due discorsi diversi ed accavallati, uno per cuffia. Il finale ha un sound talmente noise che pare provenire dal lo-fi. Infine la titletrack ripropone altri arpeggi di tromba, ripetuti nelle note ma mantenuti nella stessa figura ritmica. E il testo va negli ossimori: "Never is always, the answer is the question", e sopra questa struttura compare un assolo improvvisato. L'esordio di questo sperimentatore è molto interessante nelle intenzioni noise e minimali. A giudicare dalle poche foto rintracciabili, Giw dal vivo suona affiancato da un ballerino performer, e allora forse questa estrema ricerca, che da sola così com'è al momento è difficile da recepire se non come pura avanguardia, si può spiegare: la musica è funzionale ad una performance dal vivo, di suoni congiunti con danza coreografica. E con questa formula Giw tenta di affiancarsi alle note impazzite di Colin Stetson, senza imitarli ma esplorando - e trovando - una propria originalità compositiva. (Gilberto Ongaro)