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ATONALIST FEAT. GAVIN FRIDAY   "Atonalism"
   (2017 )

Cosa succede quando i musicisti professionisti, turnisti delle star internazionali, decidono di fare musica propria? Sì, può accadere che nasca buona musica pop, di gran classe ma pur sempre pop e/o rock, come nel celebre caso dei Toto. Però non sempre va così. Gavin Friday, artista che ha collaborato con divi del calibro degli U2 (ma anche lui a sua volta fautore di certa musica particolarmente influente), incontra il duo Atonalist, composto dai polistrumentisti Renaud-Gabriel Pion e Arnaud Fournier. Il primo dei due - e si intuisce dalle scelte sonore presenti nell'album "Atonalism" - si cela dietro agli arrangiamenti di Bjӧrk, e infatti essa è una dei riferimenti da tenere a mente per analizzare questo Lp. Questo è uno dei lavori più sperimentali dell'anno. La voce di Gavin Friday (che, per chi non la conoscesse, è grave e profonda come quella di Leonard Cohen), nel primo brano "Different to the others" sospira su accordi ripetuti di pianoforte, incorniciati da percussioni elettroniche e da una chitarra ambient. Il secondo brano "The road to perdition" è forse l'unico in cui si può riconoscere una forma canzone e un ritornello industrial abbastanza fissabile nella mente. La voce è concitata, e il clarinetto ne fa il controcanto. Il pezzo è molto drammatico, con il colore degli archi di "Bachelorette" di Bjӧrk. Va messo in chiaro che, sebbene il nome Atonalist faccia pensare alla musica atonale, qui per la maggior parte del tempo ascoltiamo armonie comunque tonali, anche se c'è del noise a più riprese. E molte situazioni oscure, come in "Spin 2.0", con drum e basso dark, dove il sassofono improvvisa alternando note a rumori espressivi. Questa zona oscura è alternata a un'esplosione folle come un delirio dei Naked City, con distorsione di chitarra e voce urlante. I fiati dialogano anche nel successivo "The Philosophers' Argument", sostenuti per tutto il tempo da un suono elettronico oscillante che crea un clima da cinema espressionista tedesco, a metà tra l'incubo e l'allucinazione. "Gottesanbeterin" prosegue nell'oscurità con arrangiamenti da Trent Reznor, con suoni sperimentali che rievocano gli Art of Noise. Le percussioni attingono dal lo-fi, e nel successivo brano "Final prayer" fanno da incipit (ricordando, per gli italiani indie, quella iperbolica ghost track di Bugo in "Dal Lofai al Cisei"...) poi scompaiono ma ritornano, prendendo gradualmente il sopravvento sopra delle improvvisazioni di clarinetto. Con "Our fearless Leader" ritorna la voce di Gavin Friday, più aggressiva, accompagnata dai fiati, e dopo un minuto affondiamo in una techno scatenata, dove i fiati enfatizzano il ritmo. La voce è beffarda nei confronti di un capo senza paura. L'elettronica di "Behaviorist" invece sembra prendere spunto dalla cultura chiptunes, quindi dai suoni 8-bit di videogiochi anni '90 (precisamente: un soffio d'aria sembra di F-Zero!). Il clarinetto turco qui suona sopra questi suoni per loro natura staccatissimi, e viene disturbato talvolta da colpi duri di chitarra industrial. Uno degli esperimenti più curiosi. "Realistic answer" è invece un'altra esplosione di distorsioni, dove il clarinetto viene campionato, eseguendo un loop melodico. Il brano al centro si svuota, e le improvvisazioni continuano nel silenzio. Un ambiente dark da colonna sonora horror arriva alle orecchie con "Rocks & Mermaids". La violenza è crescente e diventa evidente in "Massacre of the Pretenders", dove brutali percussioni à la Danny Elfman fanno pensare ad una scena da film ad alta tensione. Ricompare il sax a eseguire melodie che qui iniziano a diventare davvero atonali. Si sente che non sono improvvisazioni, ma gli strumenti seguono scale non occidentali temperate, sopra una mitragliata continua di percussioni (il kick è in sedicesimi, per dire), e qui entriamo nel free-jazz più spietato. Chiude l'album "Persistance #1", dove l'atonalità è ancora più evidente. Il sassofono baritono, lasciato solo, improvvisa indugiando sulle note più basse che vengono enfatizzate dal mix, e la tromba risponde all'assolo sulle note più alte. Questo è un dialogo tra fiati e chitarra elettrica lo-fi. Questo è un lavoro d'avanguardia, da tenere in considerazione non solo dagli amanti del free-jazz. (Gilberto Ongaro)