recensioni dischi
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PITURA FRESKA  "'Na bruta banda"
   (1991 )

I tempi erano maturi, perché tra una “Rapput” e una “Affitta una Ferrari” il popolo si stava anche abituando a sentire canzoni un po’ allegre, quasi comiche. Se l’era sfangata anche Giorgio Faletti, allora ancora molto più vicino a Vito Catozzo che a Signor Tenente o a “Io uccido”, e la sua “Ulula” trovò anche un discreto airplay. Ed erano maturi anche per qualcosa in dialetto, come capitò ai Tazenda esaltati a Sanremo con il loro sardo. Uniamo le due cose, mettiamoci una produzione made in Elio e le Storie Tese, diamoci dentro con del reggae, e le cose andarono bene. Gruppo numeroso come solo i gruppi reggae sanno essere (abbiamo sempre pensato che “UB40” fosse in realtà il numero di componenti), erano capeggiati da un Oliver Skardy che aveva physique du role non indifferente, treccioloni e cannone. “Marghera senza fabbriche sarebbe più sana”, con rima successiva che non poteva non consigliare marijuana, dicevano loro. Che potevano rifare “Deus” parlando della mona presente alla Biennale di Venezia, o diventare eroi da discoteca con la celeberrima “Pin Floi”, dove raccontavano delle peripezie davanti al famoso concerto di Piazza San Marco di due anni prima. Carino, ma oltre all’estiva “Murassi”, buon successo senza essere compreso nell’album, non sarebbero andati: altri album sempre meno chart-buster, una sanremese “Papa nero” che andò anche bene, ma non abbastanza per farne risalire le quotazioni, nel 1997. Fumiamoci su. (Enrico Faggiano)