recensioni dischi
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ZENDEN SAN  "Daily garbage"
   (2017 )

Le formazioni di duo batteria-basso sono un esperimento sempre affascinante, poiché il basso elettrico è uno strumento che non viene quasi mai approfondito a sufficienza. Negli Zenden San assurge a protagonista assoluto, accompagnato da un batterista parecchio energico ma mai invadente, che anzi valorizza bene tutti i repentini cambi di ritmo e di intenzione. L'album "Daily garbage" può essere d'ispirazione per i bassisti, ma può essere apprezzato anche dai semplici ascoltatori, per l'approccio zuzzurullone che emerge spesso e volentieri. Il virtuosismo non è fine a sé stesso, ma finalizzato al divertimento. "Bang!" è il pezzo d'apertura e ovviamente si mette in mostra la prima tecnica adorata dai bassisti virtuosi: lo slap. Il nostro eroe a quattro corde esegue una melodia sui registri medi, mentre schiaffeggia quelli bassi. Il tempo passa da pari a 5/4 senza preavviso. Breve ma intenso. "The death of an Egghead" è un brano di 6 minuti, ma la lunghezza non si avverte, per l'ampia varietà di situazioni proposte, tra cui l'utilizzo anche del pedale wah-wah, e verso la conclusione siamo sorpresi da un acuto suono gommoso. La titletrack punta più sull'aggressività del tocco, mentre in "Life of a pavement" si sperimentano timbri diversi, tramite distorsioni, mentre la batteria alterna un ritmo terzinato sui tom a un leggero swing, poi ci si concede un ritmo latino, un valzer, un disco, un rock che il basso rende grunge... insomma qualunque cosa si possa provare, confluisce in questi quattro minuti! Interpretando liberamente potrebbe essere, ragionando sul titolo, la descrizione della vita di un marciapiede che, a seconda di chi ci sta camminando sopra, cambia tempo e mood: una ballerina, un anziano stanco, un ciclista, un gatto... "Elephant & Spider" invece si limita a due movimenti ritmici, ma entrambi ben approfonditi. "Doctors' Club" ha un incipit spaventoso, quasi da film horror, ma sono pochi secondi, poi ecco un ritmo funky che fa venir voglia di ballare; appena ti sei preso, cambia due volte, diventa una corsa accelerata e poi un 7/4, e ad un certo punto si prepara un crescendo dinamico, e gli strumentisti sono particolarmente espressivi in questo momento. Dopodiché il basso si trasforma in synth bass per qualche manciata di secondi. "Eltu Rasz" aggiunge poco al resto dei giochi descritti, a parte l'utilizzo spinto degli armonici e un refrain lento e violentissimo che sembra provenire dal lo-fi. Si continua a giocare con "Interim", alternando suoni synth a rock distorto, a giri latini e colpi metal. La confusa situazione dei lavori interinali non poteva essere rappresentata in modo più adeguato! In queste costruzioni strumentali sorprendenti si avverte un'ironia di fondo, che rende i brani gustosi. "Industrial Zone" è un altro funky dove il basso sviluppa dei giri mathcore. L'album viene chiuso da "Burpobarf", un concetto che è meglio non tradurre, però è l'ultima valida prova di una formazione che esplora tutte le potenzialità del basso, riuscendo sempre nel nobile intento di far suonare il basso "da basso", e non da imitatore della chitarra. (Gilberto Ongaro)