recensioni dischi
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SLOWTIDE  "Slowtide"
   (2017 )

Gli Slowtide sono un quintetto di Novara, che firma l’esordio discografico con un lavoro frutto di una lunga gestazione in studio, di molti concerti e di una raffinata ricercatezza sonora. Nati agli inizi del 2015 con Annalisa Bosotti alla voce, Michele Rossetti alla voce, Carlo Franchini alla chitarra, Mikel Peruch alla batteria e Lorenzo Crippa ai sintetizzatori, gli Slowtide tirano fuori dal cilindro undici tracce orbitanti tra il pop, l’elettronica e il trip hop, condensando in poco meno di quaranta minuti le preferenze musicali personali con la necessità di un lavoro corale. Il risultato è “Slowtide”, biglietto da visita interessante per questi giovani artisti che si presentano sul mercato discografico con un lavoro cantato in inglese. Un velo di malinconia apre “Leeway”, cantata a due voci in cui nessuna domina sull’altra, ben supportate dalle sonorità ammalianti della chitarra e dei sintetizzatori, mentre la batteria è precisa ed efficace. Decisamente altro ritmo in “Alaska”, in cui il trip hop si fonde al pop e le voci si fanno più decise e giocano a rincorrersi, seguendo un ritmo che si alterna tra momenti di stasi e sonorità più incalzanti. Brano squisitamente pop è “C.Y.S.”, che sembra riportare indietro il calendario agli esordi della musica elettronica e in cui batteria e sintetizzatori prevalgono su una chitarra relegata al ruolo di semplice accompagnamento delle due voci. La quarta traccia è “Knights”, cantata da Annalisa Bosotti, mentre la voce di Michele Rossetti si limita al coro e al supporto, in un ritornello tanto ammaliante quanto vicino alle sonorità di “Alaska”. Voci confuse che sembrano un canto di sirene, un piano malinconico ed effetti che rimandano ad atmosfere inquietanti, una batteria che inizia lentamente e poi diventa quasi ossessiva come in un canto tribale: è questa invece la sintesi dei tre minuti di “Anchorites”, brano che si discosta dai precedenti quanto a variabilità ritmica e originalità. “Rats” è cantata solo da Michele, mentre le corde vocali di Annalisa prendono una pausa in questo brano in cui i sintetizzatori prendono pian piano il sopravvento su tutto il resto. “Interlude” si divede tra elettronica e trip hop ed è forse (a parere di chi scrive) uno dei brani più convincenti dell’intero lavoro, in cui le voci si fanno più potenti, decise e chiare per poi cedere il passo alla delicatezza di un sussurro nel finale. “Caves” scorre lenta nel suo incedere ma non per questo sfigura rispetto alle altre tracce, mentre “Reprize” affida alla voce di Annalisa la sua variabilità ritmica. Un trip hop con virate synth ci porta quasi alla fine del disco con “Talk Circle”, mentre la chiusura è affidata al contrasto tra la ruvidezza sonora e la delicatezza vocale di “What A Great Place”. Nel complesso l’esordio degli Slowtide, per gli amanti del genere trip hop e dell’elettronica, non poteva essere migliore e il lavoro porta con sé, in maniera evidente, il frutto di un’ottima sintonia di gruppo con la capacità di saper conciliare le esigenze e le peculiarità dei singoli membri del quintetto. Convince soprattutto la presenza delle due voci, in grado di conferire più corposità ad un lavoro che risulta comunque gradevole all’ascolto. (Angelo Torre)