recensioni dischi
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STRUTTURA & FORMA  "One of us"
   (2017 )

Ci sarà pur un motivo se le grandi star internazionali ancora chiedono notizie della P.F.M. La risposta è semplice: hanno lasciato un segno indelebile anche al di fuori dei confini italici. Erano gli anni ’70 ed il progressive dominava gran parte del panorama musicale, con il continuo nascere di nuove band che cavalcavano il genere, così che i dischi usciti all’epoca scatenano ancor oggi la caccia dei collezionisti. In Italia, oltre al gruppo di Mussida ed altri capiscuola come Osanna, Delirium, New Trolls, Banco, operavano anche i Struttura & Forma. In questa occasione ci occupiamo proprio di quest’ultimi, che marciano dal 1972 e, subendo fisiologici cambi di formazione e varie reunions, sono ancora in pista grazie al fermo intento da parte di due componenti originari (Franco Frassinetti alla chitarra e Giacomo Caliolo al basso) di riapprodare sulla scena con un altro… debutto: “One of us”. Era difficile pensare a rivoluzioni di sound, però si è fatto in modo di riaffermarlo con giusta attualità, senza dimenticare le origini, mettendolo sùbito in chiaro con la strumentale “Worms”, dall’aspetto fresco e dinamico. Si dirà: ancora prog? Certo! Ed anche di qualità. “Symphony” è, in gran parte, dominata da fraseggi di chitarra elettrica e vocalità a tratti cospirativa. Segue “Lucky man”, rivista in chiave delicata e rispettosa, che rende logicamente un commovente omaggio alla scomparsa di Greg Lake. Invece “Kepler” sposta il genere su un classico hard-rock in clima Deep Purple, e la title-track si distacca piacevolmente per l’intro jazzistico e corporatura tra il prog e la fusion. Questa dei Struttura & Forma non è un’operazione nostalgica ma è il sacrosanto diritto di riproporre e dare lustro ad un genere che fornì notorietà e luce italica anche per l’est(e)ro. Il quintetto, però, diversifica perfino con le delineazioni funky di “Kyoko’s groove”. Niente timori: qui fanno capolino anche belle tracce di rock tradizionale grintose a puntino come “Indios dream” e “Fasting soul”. Dopo la raffinatezza di “Amsterdam”, dalle lunghe tratte strumentali, arriva la spiccata eleganza della sei corde acustica di “Acoustic waves”, che tinteggia un ameno affresco sonoro. Infine, si rende onore al cantato in italiano, riservando la prestigiosa chiusura a ”Il digiuno dell’anima” con stile passionale, serrato e assoli inebrianti. Che dire? Osanna (ops!) a Frassinetti e Caliolo per aver rinvigorito il pentagramma stilistico con energia verace, infischiandosene del business e delle mode attuali. Piuttosto, “One of us” è la logica prosecuzione di una “celebration” mai finita. Tranquilli: ancora… "è festa" in casa prog. (Max Casali)