recensioni dischi
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PLAN DE FUGA  "Fase 2"
   (2017 )

I bresciani Plan De Fuga pubblicano il loro secondo disco in italiano, reduci dal successo dei primi due album in lingua inglese. Se nel precedente “Fase 1” il quartetto aveva gettato le reti per pescare il pubblico dei mari musicali nostrani, adesso la “Fase 2” vuole consolidare questa scelta strizzando però nuovamente l’occhio all’estero. Sei tracce espressione di un rock elettrico ed elettrizzante, con influenze dark e pop, sono l’anima del lavoro di Filippo De Paoli (voce e chitarra), Marcello Daniele (basso e voce), Simone Piccinelli (chitarre, piano e rhodes) e Matteo Arici (batteria). Una perfetta sintonia di gruppo rende “Fase 2” un disco irriverente, di grande impatto sonoro, vocalmente ben costruito su arrangiamenti che, come in un puzzle, si incastrano alla perfezione pezzo dopo pezzo. L’apertura è affidata all’energia rabbiosa di “Mi Ucciderai”, alle sue sonorità graffianti che supportano una voce straziata dal dolore per un amore che ferisce e uccide. La disillusione verso la vita e le circostanze che la caratterizzano è bene espressa dalla nevrotica “Come vuoi che sia” che, dopo un intro acustica, esplode in un cupo rock che ha voglia di liberare la sua energia attraverso frequenti cambi di ritmo e di vocalità. Non si devia dal sentiero dark in “Alzare La Marea”, anche se musicalmente risulta più lineare e dimessa rispetto alle tracce precedenti, mentre il ritmo si fa più incalzante e aggressivo in “Causa-Effetto”, dove basso e batteria prendono per mano le chitarre e la voce, guidando il tutto verso un rock violento che non ama le mezze misure e i compromessi. “Distruggi Tutto” è un tripudio di rabbia, che si sfoga su una batteria che spadroneggia laddove le chitarre sembrano restare nell’ombra e il basso si limita a seguire cassa e rullante, mentre la voce ripete come un mantra di fare terra bruciata di tutto ciò che si ha di fronte. La chiusura è affidata alla lingua inglese con “Change It”, un ritorno alle origini, con voce e tastiere a fare da intro al lento ingresso degli altri strumenti. Brano che vuole fuggire a qualsiasi etichetta stilistica perché porta in sé sonorità dark, acustiche e progressive e in quasi cinque minuti conduce l’ascoltatore verso un momento di stasi, di meritato riposo dopo l’energia profusa nell’intero lavoro. I Plan De Fuga hanno confermato (semmai ce ne fosse stato bisogno) di essere una grande band dal respiro internazionale, in grado di creare un rock che, seppur incanalato in uno stile con proprie influenze, sa certamente farsi spazio con una precisa personalità e caratteristica che lo rendono inconfondibile ed inimitabile. (Angelo Torre)