recensioni dischi
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SALVARIO  "Duemilacanzonette"
   (2017 )

Il giovane cantautore pugliese Salvatore Piccione, alias Salvario, esordisce con “Duemilacanzonette”, un piacevole rock acustico che, in nove tracce, tocca temi di stretta attualità, che vengono affrontati con delicatezza sonora e testuale. Una voce melodiosa che è ben supportata dalle sonorità degli strumentisti (di cui avrò modo di parlare) che accompagnano Salvario in questo itinerario quasi autobiografico. Il disco si apre con “Caro Amico Mio”, una mail scritta ad un amico per chiedere un incoraggiamento durante la fuga dalla propria terra d’origine per andare all’estero. E’ insopportabile assistere al declino del proprio paese, e l’autore vive il dramma interiore della lacerazione tra le due terre: quella d’origine, da cui si fugge, e quella d’adozione, in cui si approda per sbarcare il lunario ed avere un futuro migliore ma nella quale ci si sente sempre un estraneo. Il brano si snoda sul coraggio in due sensi; il coraggio di chi parte per avere una vita diversa, ma anche il coraggio di chi resta e concentra le proprie speranze sul luogo. E’ la biografia di molti e di Salvario (ahimè, anche del sottoscritto...), che lascia la Puglia per approdare a Torino, dove conosce Francesco Drovandi (chitarre), Ermanno Capirone (basso e percussioni), Andrea Ghiotti (batteria) e Ale Bravo (synth, armonium e pianoforte), che lo accompagnano in studio e dal vivo. “Una Parte Di Me” è un’iniezione di vita, un’intima confessione di differenza dagli altri: una parte intima, nascosta e paziente, che ha voglia di ricominciare e si dona agli altri. Un inno alla vita, bella e degna di essere vissuta anche quando la strada è in salita, una vita da vivere con testa alta e sguardo fiero. Tema più malinconico ma non musicalmente appesantito troviamo in “Dinosauri”, metafora di una storia finita: e così, come i dinosauri si sono estinti lasciando solo ossa, una storia si consuma lasciando solo ricordi, fossili di un passato che non ritorna e che appare sempre più sbiadito. “Canzonetta Da Bar” è un chiaro riferimento alla storia della musica italiana, in un elenco di nomi e situazioni anche paradossali, con un velo di malinconia e ironia. Si cambia tema con “Duri Come Un Muro”, canzone rabbiosa e fuori le righe rispetto alla compostezza che caratterizza la musica ed i testi delle altre tracce. La violenza negli stadi diventa violenza verbale che si scatena attraverso le gesta degli Ultras, che si odiano per il colore di una maglia, della pelle o provenienza nazionale, in un miscuglio di esaltazione ideologica e politica che nulla ha a che vedere con il vero tifo calcistico. Così si racconta, come in “Inno Nazionale” di Luca Carboni, la bestialità senza limiti, faccia oscura di quella che dovrebbe essere soltanto la sana rivalità calcistica. Si ritorna a dimensioni più pacate e nostalgiche in “Lady T”, ricordo di una storia vissuta con una donna, che ha lasciato il segno al ricordo della sua assenza. “Lasciami Così” è invece il desiderio di fuga dalla realtà per rifugiarsi in un mondo fantasioso senza rancori e odio. Un brano che suona fresco e liberatorio nel suo incedere semi-acustico, mentre “Pubblicità” è una ballata interamente acustica, che parla della felicità attraverso il dialogo tra due amici. Felicità, parola tanto usata ma irraggiungibile, abusata come una pubblicità che crea l’illusione di avere tra le mani la perfezione ma, nella realtà, non esiste. “Deja Vù” chiude in maniera malinconica un disco che, nonostante i temi trattati, non scade nella monotonia e nella pesantezza ma è musicalmente spensierato e raramente cupo. Salvario in “Duemilacanzonette” unisce alla bella voce l’accuratezza testuale, che non è cosa da poco per un giovane cantautore, mentre i brani, che sono ben curati e arrangiati, conferiscono all’intero lavoro un tocco di classe che non è facile trovare nel panorama musicale odierno. (Angelo Torre)