recensioni dischi
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ZEA  "Moarn gean ik dea"
   (2017 )

Zea è il nome del progetto solista del musicista olandese Arnold De Boer, da poco tornato con un disco in cui, attraverso l’uso della chitarra, dell’elettronica e della voce, crea una sorta di future folk per il quale è cruciale anche il ruolo svolto dalla lingua frisone, quella parlata a Makkum, villaggio in una provincia del nord dei Paesi Bassi, chiamata proprio Friesland. L’obiettivo dichiarato di De Boer è quello di “insegnare” questa lingua ''nella stessa maniera in cui Whitney Houston ha fatto con l’inglese nel mondo''. “Moarn Gean Ik Dea” è un album molto cupo e introspettivo, di sicuro non destinato a un grande pubblico, ma solo alla nicchia degli ascoltatori di un folk ricercato e vagamente futuristico. Il sound questa volta è appena più robusto rispetto alle vecchie produzioni, oltre che leggermente più arioso, ma contemporaneamente si assiste all’incupirsi delle atmosfere che permeano l’opera. I pezzi sono morbidi e delicatissimi, e spesso il cantato sinuoso segue il tempo dettato dalla chitarra, come accade in “Luk De Triedden Fan De Wand”. Anche la titletrack e “Ik Kin Der Net By” emergono in un contesto in cui, comunque, è difficile dare preferenze, data la bontà di tutto “Moarn Gean Ik Dea”. De Boer ha realizzato un disco che, nella sua semplicità, rappresenta una delle migliori opere folk di questa prima metà di 2017. (Piergiuseppe Lippolis)