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LO YETI  "Le memorie dell'acqua"
   (2017 )

Piacevole esordio per il cantautore bolognese Lo Yeti, che inizia la sua carriera con un album che, anche se non arriva ad essere un vero e proprio concept (perché non ha una trama che inizia e finisce, ma riflessioni sparse), ha comunque un filo conduttore vincolante che fa da collante ai diversi brani. Il filone tematico è quello liquido, come suggerisce il titolo "Le memorie dell'acqua". Farsi conoscere subito con un progetto così delineato tra filosofia e indie è ambizioso. La canzone d'apertura è "Santa Madre dei Miracoli", un pop con sfumature blues dove il cantautore prega che il suo tradimento non venga mai scoperto. "Sotto l'effetto della luna" è una breve introduzione al pezzo successivo, "Rita", che si rivela un pop incisivo che si fa ricordare, arricchito da un solenne tema di tromba, e dove il testo evoca immagini sognanti: "Biancheria pulita e nostalgia che gonfierà le lacrime a bolle di sapone alte e fragili sopra i tuoi lividi." Poi è il turno della canzone che catalizza l'argomento guida dell'album: "La canzone dell'acqua", una musica delicata fino a metà, dove si descrive il percorso dell'acqua, che scorre dalle montagne ai torrenti fino agli scempi dell'umanità, come una forza che nonostante sia liquida e informe, col tempo corrode e trasforma la materia, che inesorabile è destinata al cambiamento. Anche se a metà la musica viene riempita dalla distorsione della chitarra, e la voce si fa un po' più brillante, la canzone mantiene questa consistenza liquida, complici l'uso di tremolo e di note acute di piano elettrico, e tale sensazione prosegue nell'inizio del brano successivo "Intrepida", che mostra sempre un'attenzione nei testi per alcuni elementi dell'ambiente circostante, che assumono significati simbolici imperscrutabili: "Prospera la menta sul balcone che sta a sud". L'amore descritto nel brano è tra due persone distanti, come si evince dalla parola "telegenica", indizio che chi parla sta osservando un video di ricordi. La musica fluisce gentile in un pop che ospita anche archi, poi diventa un indie rock acido e psichedelico in "Amore bufalo", brano scelto come singolo e valorizzato da un curioso videoclip girato in un osservatorio astronomico. Le parole giocano un ruolo importante, si gioca sul termine "bufala", riferito alle false notizie, così come al corpulento bovide. L'amore, anche se grande e solido come il bufalo, nel tempo si trasforma, e le gelosie "trasformano le favole di fosforo in umide afasie". Il sound della chitarra, vagamente U2 ma più sporcato, ben rappresenta il mutamento costante della materia, ed efficace è anche il basso a rendere questa dimensione. L'amore viene descritto spesso e volentieri nel suo aspetto fisico, legato al corpo. "La nostra rivoluzione" è un brano acustico in due parti, da una ninna nanna diventa una schitarrata da spiaggia, valorizzata dalla viola, e racconta di eroi di sogni erotici, di ferrovie e di riflessioni su cosa passerà e cosa rimarrà: "passeranno le emozioni, le musiche dei cantautori, resterà la cocaina, resteremo belli fuori". Anche qui il sesso è presente, "resterà la vagina", ed è il motore che aiuta a mantenere nel tempo i grandi amori, nonostante passino le rivoluzioni. Continuano le riflessioni derivanti dall'osservazione microscopica della realtà in "Anidride", un'altra ballata pop, dove la sessualità si accosta agli atomi e all'anidride carbonica, elemento presente nell'aria che non ci fa proprio bene se troppo presente. "Solamente il buio è verità", infatti la perfetta comprensione di questo pezzo è celata nell'oscurità delle parole. Invece la canzone di chiusura "Uomo", introdotta da un whistle (suono di tastiera che è un fischio che imita il theremin), presenta strofe soft alternate a forti ritornelli rock, ed è inizialmente una sorta di richiesta d'aiuto da figlio ai propri genitori ("liberami padre dalle offese e dalla pubertà", "liberami madre dalle scuse e dall'ingenuità"), poi nello scorrere del brano il cantautore torna all'età adulta e si rivolge alla propria donna, senza soluzione di continuità, come l'acqua che continua a fluire indifferente ai cambiamenti nel tempo, anzi che se ne fa agente. Lo Yeti si presenta con una pelliccia bianca (speriamo sintetica) per richiamare il personaggio scelto come nome d'arte, e questo buon album d'esordio ne mostra il carattere istintivo col quale osserva la vita nella sua consistenza naturale, accostato a una musica leggera che valorizza i significati delle singole canzoni. (Gilberto Ongaro)