UDDE "The familiar stranger"
(2017 )
Un'intrigante sensazione di déjà-vu si impossessa della psiche all'ascolto di "The familiar stranger", Ep di Udde dal titolo appropriato. Questa musica new wave è costruita su temi strumentali di tastiere che paiono familiari, anche se in realtà non lo sono. Sarà per la scelta vintage di alcuni suoni, ma sembra di conoscere già Udde, e questa è un'esigenza del pop che viene soddisfatta. Già dalle prime note di "Same old song" la formula funziona: inoltre il testo ripete "deep down", che sembra sia la direzione dove tutti gli strumenti vanno, in profondità. La sensazione di familiare torna in "Summertime (and the living deseases)", dove Udde canta: "I'm an absence, just a substance gone away", dove dei suoni saltellanti estivi sono contraddetti da altri suoni più mesti, coccolando una sorta di solitudine da spiaggia. "One heaven" è un brano dal sapore teutonico, dove la cavernosa voce emerge in tutta la sua gravità. Nonostante ci siano delle inaspettate modulazioni armoniche, tutto fluisce senza fatica di ascolto, i diversi suoni di tastiera si intrecciano in maniera naturale. Stessa cosa accade in "Our boundaries", uno dei pochi brani in cui la voce osa toccare qualche nota alta, e con efficacia. Il basso sintetico si fa più cattivo in "Facelift", ma non fa bollire l'atmosfera generale che rimane perennemente crepuscolare, grazie a questi pad di tastiera onnipresenti che si fanno marchio. Tale sensazione prosegue anche in "Touch girls", un brano molto oscuro per via delle sequenze di accordi abbastanza drammatiche (così come in "Gloomy Friday"), e la voce insiste su un registro medio basso che qui ricorda quasi quello di Simon Le Bon nei Duran Duran. La velocità più o meno è stabile sull'allegro (120 bpm circa) nella maggior parte dei pezzi, quindi siamo quasi sempre di fronte a dei ballabili; rallenta solo un po' in "Wait". L'intro di "Neighbour" sembra far presagire un cambio di clima con un mellotron, ma è uno scherzo, la notte torna subito, ed anzi questa canzone raggiunge il picco dell'album per quanto riguarda la tensione elettrica e tormentosa. L'autore sardo ci concede quattro parole in italiano, "madre bellissima" e "madre santissima" all'interno di "The bridge carousel", brano dove il caratteristico suono di basso, che finora era lasciato secco, ora viene modificato e reso come un'onda in movimento. Il lavoro è concluso dalla malinconica "Supermarket", che per qualche inspiegabile motivo vien da associarla a Goldfrapp, forse per la drum machine. Nel complesso "The familiar stranger" è un buon pop elettronico, un po' nuvoloso, che però suona internazionale, e la calda voce di Udde è valorizzata bene da queste atmosfere nebbiose. (Gilberto Ongaro)