PAN-SCAN ENSEMBLE "Air and light and time and space"
(2017 )
“Air And Light And Time And Space” è il titolo del primo lavoro firmato Pan-Scan Ensemble, un collettivo composto da Lotte Anker, Anna Hogberg, Julie Kjaer, Thomas Johansson, Goran Kajfes, Emil Strandberg, Sten Sandell, Paal Nilssen Love e Stal Liavik Solberg. Il disco, mixato e registrato da Lasse Marhaug al tramonto del 2016, contiene solamente due tracce: “Air And Light”, della durata di dodici minuti e mezzo, e “Time And Space”, che si attesta, invece, sui trentatrè minuti. Inaugurato da una percussione e da qualche minuto di suoni minimali, flebili e quasi impercettibili, presto “Air And Light” si trasforma in una specie di jam session: puro divertissement, suoni sghembi, ritmiche imprevedibili e travolgenti, una sensazione di caos multiforme e variopinto che riesplode ogni qualvolta sembra sul punto di scemare. Dopo un breve passaggio coi fiati che paiono rappresentare un cambio d’umore, il brano tende a chiudersi com’era iniziato, fra suoni rarefatti e delicati. Più complesso è, invece, descrivere la trama di “Time And Space”, che è quasi un’opera nell’opera. L’introduzione lenta ancora una volta illude: fugaci e illusori crescendo s’interrompono all’improvviso, a sorpresa, dando l’impressione che tutto debba quasi ricominciare. Alla fine, dopo circa sei minuti e mezzo, si ha una vera e propria sfuriata che testimonia l’affiatamento del collettivo e l’enorme tecnica individuale dei nove protagonisti. Dopo due minuti, il tutto sembra esaurirsi e condurre verso una parentesi più calda, in cui fiati e pianoforte tentano di prendersi il ruolo principale. Intorno ai venti minuti il ritmo torna a farsi concitato e, dopo una breve pausa, sul finale appare un ultimo squillo di jam session in salsa jazz che suggella, di fatto, i tre quarti d’ora di “Air And Light And Time And Space”. Si tratta di un’opera onestamente folle, anche per la semplice ripartizione dei brani e la scelta di proporre un pezzo che supera i dieci minuti e un secondo che dura quasi quanto un disco. Ma è anche un lavoro che dice molto su un collettivo già lanciatissimo: la tecnica non è tutto e i nove scandinavi testimoniano di sapersi anche integrare alla perfezione, confezionando un prodotto apprezzabile quantomeno dai fan di jazz e dintorni. (Piergiuseppe Lippolis)