ALBERTO MOLON "Hanno ragione tutti"
(2017 )
Ascolto la title-track di “Hanno ragione tutti”, terzo lavoro del musicista veneto Alberto Molon, e penso due cose: la prima è che questa finirà di diritto tra le migliori (irresistibili? Contagiose?) canzoni dell’anno, la seconda è che mi ricorda il Vasco Rossi degli inizi.
Non male come biglietto da visita, ed alla fin fine quel brano rimane il momento più interessante di un album che non manca di offrire spunti pungenti e buone canzoni in ordine sparso, opera intrisa di palese impegno che oscilla fra un pop sbilenco e idee di cantautorato atipico. Fra l’interminabile lentaccio melò di “Dove sei” ed il taglio retrò – bella la slide guitar – di “Come posso stare senza te”, Alberto si rivela decisamente allettante negli episodi più mossi, calando di incisività nelle tracce intime e raccolte, ree talora di soffocare trame intriganti fra le brume di una certa indecisione stilistica (“Meglio un taglio che niente”, comunque impreziosita da un bel solo sporco). Incisivo quando opta per linee pulite e ritmiche lineari, come nell’efficace opener “Avrei voluto essere The Edge”, ma anche quando gioca con il passo vagamente jazzy di “La storia di un film”, il disco pesca un altro atout nel pop incupito - andamento percussivo e testo profondo - di “E forse”, riservando in coda i momenti migliori, dalla svagata aria western de “Il mio vicino di casa” alla tirata “Alla fine tutto resta”, ibrido fra Little Steven e la versione incarognita di Nek, fino alla coinvolgente ballata triste di “Non tornerò più”, che chiude degnamente l’album sul filo dei ricordi.
Seppure manchi forse di una specificità che lo connoti con decisione e ne decreti l’unicità, o quantomeno la peculiarità, “Hanno ragione tutti” rimane almeno un insieme di buone canzoni, magari slegate e disordinate, ma non prive del pregevole guizzo di un autore da non sottovalutare, tanto più se saprà individuare una direzione precisa, un’impronta riconoscibile, una formula veramente vincente. (Manuel Maverna)