MARTI "King of the minibar"
(2017 )
Terzo appassionante capitolo, che chiude una trilogia, è "King of the Minibar" del cantautore genovese Andrea Bruschi, in arte Marti. Dieci brani che sono dieci racconti diversi, dagli arrangiamenti molto curati e con un'ambientazione generale da film, dovuta probabilmente all'esperienza di Bruschi anche come attore, e alla sua fascinazione per l'incontro di arti diverse (la copertina è firmata dal fumettista Igort). Spesso e volentieri le strutture armoniche di queste canzoni presentano modulazioni inusuali per il genere "leggero" a cui appartengono, che invece si riscontrano più frequentemente nelle colonne sonore. Esempi di questo pop cinematico si trovano in pezzi come "You came you hurt", dove una chitarra con tremolo è affiancata dal violino che sovrasta la corsa finale, o "Black Waltz" che, anche se si chiama valzer, è suonato in 6/8, o nella suggestiva "Offer you a secret", dove la grande bellezza di piano ed archi farebbero gola a Sorrentino per un eventuale suo prossimo lungometraggio. E la consapevolezza di questo valore è nelle parole: "All the voices in my head, it's an orchestra of sound". Le progressioni armoniche sono notevoli anche in "Vicious game", dove strofa e ritornello - che qui sarebbe meglio chiamare solo A e B, perché di uguale rilevanza - hanno due tonalità diverse che si valorizzano a vicenda quando si passa dall'una all'altra. I fiati di questo brano richiamano l'atmosfera beat della canzone d'apertura, che è la titletrack, e che propone un pop vintage alla Nina Zilli, però più raffinato. Nella sopracitata ''Black Waltz'' compare un soprano lirico, e anche l'elemento vocale femminile è importante. Cori di donna sono presenti in "Cross to be nailed", racconto dedicato a Evatima Tardo, la celebre artista fachiro resa immune dal morso di un serpente letale. In "End in Tears", pezzo tenero su un grandioso abbraccio, una prima voce femminile risponde a Marti, mentre i suddetti cori raggiungono l'intensità di un episodio del ''Notre Dame de Paris'' di Cocciante; gli archi seguono una formula melodico-ritmica vivaldiana, e nel loro momento solista ricordano un po' il ''Canone in Re maggiore'' di Pachelbel. I testi hanno una spinta narrativa densa di riferimenti cinematografici. "Mr. Sophistication" fa rivivere la situazione di tale personaggio all'interno del camerino nel film "Assassinio di un allibratore cinese", quando egli si lamenta che nel locale dove si esibisce, il suo lavoro e il suo spettacolo serio non venga apprezzato tanto quanto quello delle ragazze seminude ("sometimes they mistreat me, they prefer the girls to my philosophy"). Che sia anche un'implicita lamentela del cantautore nei confronti del mercato musicale odierno? Ma questa potrebbe essere solo una forzatura del sottoscritto. Il brano continua a mantenere alto il livello dell'arrangiamento, con un solo di tromba muta all'unisono col trombone. Le modulazioni ricercate si spostano su accordi minori e diminuiti nell'angosciante "Husband lost at sea", dove un oboe, un giro di spazzole e un loop di sospiri e parole sussurrate creano un clima rarefatto che comunica distanza, coerentemente col testo: "I'm your husband lost at sea, and you are my precious wife, soon I'll be in your arms". L'amore inquieto è un tema ricorrente, come nel brano dolceamaro "In my garden", dove una voce bassa e calda à la Nick Cave invita l'amata a non aver paura del buio, anche perché la luce non è sempre così sicura ("most of the time there's something wrong with light"), e così l'amore diventa un giardino dove sentirsi protetti da un mondo ostile. I violini raggiungono degli acuti drammatici da far pensare addirittura all'enfasi di Charlie Chaplin che si morde il dito in "Luci della città" (e alle sue colonne sonore ovviamente). Insomma, questo minibar promette tante emozioni fra loro diverse ma tutte molto forti, ed è anche un invito ad assistere a questo ricco menu sonoro dal vivo. (Gilberto Ongaro)